Cassazione civile sez. III 06 novembre 2009 n. 23553
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VARRONE Michele – Presidente - Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere - Dott. TALEVI Alberto – […]
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente -
Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere -
Dott. TALEVI Alberto – Consigliere -
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere -
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20166/2005 proposto da:
E.V., R.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato LONGO PAOLO, rappresentati e difesi dall’avvocato ROMANO LUIGI giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
SOCIETA’ AL GRILLO DEI F.LLI VILLANI DI VILLANI PASQUALE & C SNC, in persona del suo legale rappresentante pro tempore Sig. V. P. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHIANA 87, presso lo studio dell’avvocato MONELLO NUNZIATA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BUSA’ SEBASTIANO per delega a margine delcontroricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 601/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, Seconda Sezione Civile, emessa il 22/06/2005; depositata il 01/07/2005; R.G.N. 1519/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2009 dal Consigliere Dott. UCCELLA FULVIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Con sentenza del 2 agosto 2004 il Tribunale di Brescia dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alla domanda di risoluzione del contratto di locazione ad uso abitativo intercorso tra i coniugi E.- R. e la snc Al Grillo;
dichiarava la risoluzione del contratto di locazione ad uso non abitativo intercorso tra le stesse parti e posto in scadenza per il 31 dicembre 2004.
2. – In punto di fatto i coniugi predetti, con intimazione di licenza per finita locazione e contestuale citazione per la convalida notificata il 3 aprile 2003, citavano in giudizio avanti al Tribunale di Brescia la snc. Al Grillo per sentir convalidare l’intimata licenza.
Nel costituirsi, la convenuta non si opponeva alla convalida relativamente all’immobile ad uso abitativo, mentre si opponeva a quella dell’immobile adibito ad uso non abitativo.
Eccepiva, infatti, la convenuta che, poichè la prima scadenza contrattuale era quella del 31 dicembre 2004, il diniego della rinnovazione avrebbe dovuto essere motivato, sicchè, non essendo stati indicati nella comunicazione della disdetta i motivi del diniego del rinnovo, il contratto si sarebbe rinnovato per altri sei anni.
All’esito dell’istruttoria il Tribunale emetteva la sentenza sopra indicata.
Avverso questa decisione proponeva appello la snc Al Grillo.
Resistevano al gravame i coniugi E.- R. che ne chiedevano il rigetto e a loro volta proponevano appello incidentale sulla dichiarata cessata materia del contendere in ordine al contratto di locazione ad uso abitativo.
3. – Con sentenza del 12 luglio 2005 la Corte di appello di Brescia accoglieva l’appello principale della società e rigettava la domanda di risoluzione del contratto ad uso non abitativo, compensando integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Contro questa sentenza insorgono i coniugi predetti con un ricorso affidato a tre articolati motivi.
Resiste con controricorso la snc Al Grillo.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Osserva il Collegio che il punto centrale del ricorso si rinviene nella censura, con la quale si sostiene che il giudice dell’appello avrebbe errato nel ritenere che la durata iniziale del rapporto di locazione dell’immobile ad uso non abitativo era di dodici anni e non già di sei anni (primo motivo, intitolato violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alle norme di interpretazione dei contratti: p. 6 ricorso).
Il motivo non merita accoglimento.
Nel caso in esame, in una delle scritture private, registrate entrambe il 2 dicembre 1992, i coniugi E.- R. concedevano in locazione per uso commerciale alla Pubblici Esercizi sas di Castellaro Andrea & C., cui subentrava la attuale resistente, un immobile per anni dodici e cioè dal 1^ gennaio 1993 al 31 dicembre 2004 e al punto 3 del contratto le parti pattuivano espressamente che “il contratto si intenderà rinnovato per un periodo di anni sei e così di seguito qualora non venga data da una delle parti disdetta a mezzo di lettera raccomandata spedita almeno dodici mesi prima della scadenza della locazione e salvo recesso da comunicarsi da parte del conduttore nei termini e modalità previsti dalla L. n. 392 del 1978, art. 27, (p. 2 sentenza impugnata).
La formulazione letterale della clausola è, quindi, nel senso che le parti ebbero a prevedere ab initio una durata superiore a quella minima fissata dalla legge (sei anni) con il rinnovo tacito del rapporto locatizio, per cui per il successivo periodo di rinnovo si applica la durata minima di sei anni prevista dall’art. 28 della stessa legge (sul punto Cass. n. 2316/07).
Al riguardo, va solo aggiunto che il testo della clausola sembra redatto avendo presente proprio quanto statuito da questa Corte allorchè, intervenendo sulla disciplina di cui al comb. disp. della L. n. 392 del 1978, artt. 27 e 28, ha avuto modo di precisare che dall’esame delle suddette norme “emerge che i contratti di locazione contemplati dall’art. 27 hanno in via normale una durata di dodici anni, salva l’ipotesi di diniego della rinnovazione alla prima scadenza ( Cass. n. 10270/95, in motivazione).
Ne consegue che i coniugi E.- R., se intendevano esercitare il diritto di diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza, avrebbero dovuto farlo, secondo quanto previsto dalla clausola contrattuale, almeno dodici mesi prima della scadenza che era del 31 dicembre 2004, ovvero entro il 31 dicembre 2003 con disdetta motivata (L. n. 392 del 1978, art. 29, comma 4), così come ha avuto modo di precisare questa Corte in una fattispecie, che ben si attaglia al caso in esame, ( Cass. n. 22129/04, in motivazione sub 2. 11, lett. c).
Il che, però, non è accaduto, essendo emerso nel corso del giudizio per l’appunto la mancanza di disdetta motivata.
2. – Passando al secondo motivo, in sostanza, i ricorrenti lamentano, sia sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 3 che sotto quello della violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 il fatto che il giudice dell’appello abbia trascurato l’esame di prove documentali esistenti e non abbia dato rilevo nè attenzione alcuna ad una prova documentale decisiva rappresentata da una seconda raccomandata del 30 ottobre 2003, successiva all’udienza di convalida.
Anche questo motivo va disatteso E’ pacifico che la prima raccomandata mancava di specifica motivazione e quindi era inidonea a produrre gli effetti propri per la prima scadenza, così come è pacifico che la seconda intervenne dopo la udienza di convalida e che la seconda può valere solo per la scadenza successiva come espressione della volontà contraria al rinnovo della locazione e che, pur se essa poteva essere rinnovata anche prima dell’accertamento giudiziale del vizio della prima che era datata novembre 2002, tuttavia non dispiega i suoi effetti nell’attuale giudizio, potendo essere posta a fondamento di un’autonoma domanda giudiziale da proporsi eventualmente in seguito ( Cass. n. 1834/92).
Quindi, in nessun errore è incorso il giudice dell’appello, per il semplice motivo che, dovendo esaminare la prima raccomandata e avendone riconosciuta la inidoneità, non aveva alcun obbligo di esaminare la seconda.
3. – Anche il terzo motivo, in sostanza centrato sulla circostanza che il giudice dell’appello non abbia rispettato i canoni di cui all’art. 1362 cpv c.c. e art. 1371 c.c., va disatteso.
Infatti, i ricorrenti si riferiscono ad un atto stragiudiziale di diffida del 22 – 27 maggio 1999, con il quale l’originario conduttore, che poi ha ceduto l’azienda e il contratto di locazione alla resistente società, avrebbe esso stesso definito il contratto dalla durata di anni sei più sei “esplicitando che la precisa, inderogabile scadenza fissata sarebbe avvenuta il 31 dicembre 2004″ ovverosia la scadenza ultima sarebbe stata quella della fine del 2004 (p. 13 ricorso).
Come rileva la resistente, si tratta di un atto unilaterale a cui essa è estranea, per cui ad essa non opponibile, per quanto, trattandosi di deduzioni unilaterali di volontà non è applicabile, data la natura, il criterio, in questa sede invocato dai ricorrenti, della operatività della comune intenzione delle parti e neppure è rilevante il comportamento (che, nella specie, non vi è stato, perchè poi il contratto è stato ceduto) dell’autore di quelle deduzioni (giur. costante: Cass. n. 13970/05 par. 6, in motivazione, richiamata anche dalla resistente).
4. – Infine, per quanto concerne il governo delle spese, i ricorrenti non lo contestano in linea di diritto (p. 13 – 14 ricorso), ma ne invocano la corretta applicazione, che risulta tale, atteso che entrambe le parti sono risultate alternativamente vittoriose nelle fasi di merito.
Conclusivamente il ricorso va respinto, ma si rinvengono giusti motivi dati dagli alterni esiti dei gradi del merito, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2009