Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 27 novembre 2012, n. 21089
Che natura ha la responsablità dell'appaltatore per rovina e difetti di immobili ex art. 1669 cod. civ.?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 30010-2006 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), domiciliato in ROMA ex lege, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 177/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 23/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/10/2012 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 26.1.2000 (OMISSIS) proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa del 29.6.1999 che, in accoglimento della domanda formulata da (OMISSIS) (acquirente di un appartamento nel quale si erano manifestate rilevanti lesioni alle pareti, ai solai, ai pavimenti) nei confronti di esso appellante (costruttore dell’immobile) aveva condannato quest’ultimo al pagamento in favore dell’attrice della somma di lire 48.532.500 oltre accessori.
Con sentenza 23.2.2006 la Corte di appello di Catania, in parziale riforma rideterminava in euro 22.599,30 l’importo della condanna, osservando essere infondato l’assunto dell’appellante secondo cui, ai fini del termine decennale di cui all’articolo 1669 c.c., sarebbe richiesta solo l’esecuzione delle opere strutturali e non anche la completa ultimazione, posto che la norma esige il compimento dell’opera e non puo’ ritenersi tale la costruzione che manca persino delle tramezzature interne. Infondato era il rilievo che il giudice non avrebbe potuto utilizzare quale fonte di prova la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (OMISSIS), proveniente da terzi, trattandosi della comproprietaria.
Altri elementi, ctu e testi, esistevano ai fini della data del compimento dell’opera ed in tema di responsabilita’ ex articolo 1669 c.c. il termine di decadenza per la denunzia incomincia a decorrere solo dall’acquisizione della relazione tecnica. Ricorre (OMISSIS) con sei motivi, resiste la (OMISSIS) che ha anche presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si denunziano contraddittorieta’ ed illogicita’ in ordine alla data di compimento dell’opera e violazione dell’articolo 1669 c.c., con richiami alla ctu da cui risulta che (OMISSIS) aveva presentato progetto in sanatoria e dichiarazione sostitutiva da cui risultava che alla data del (OMISSIS) la costruzione abusiva era completa nelle strutture essenziali, con la conclusione, pagina dieci del ricorso, che nel 1980 l’appartamento in questione era gia’ ultimato e manchevole solo delle rifiniture, quali pavimenti, infissi ed impianti. Seguono massime di giurisprudenza.
Col secondo motivo si lamentano violazione dell’articolo 116 c.p.c., vizi di motivazione in ordine alla data di compimento dell’opera perche’ nel (OMISSIS) (OMISSIS) aveva dichiarato che la realizzazione era avvenuta nel (OMISSIS) e l’immobile era manchevole di rifiniture in alcune parti e privo di tramezzature interne in altre.
Col terzo motivo si denunziano violazione dell’articolo 1669 c.c., nullita’ della sentenza e vizi di motivazione per essere stata disattesa l’eccezione di decadenza sul rilievo che solo a seguito dell’accertamento tecnico preventivo la (OMISSIS) aveva avuto conoscenza dei vizi.
Col quarto motivo si denunziano violazione degli articoli 1669 e 2697 c.c. e vizi di motivazione in ordine allo affermato riconoscimento dei vizi che avrebbe determinato un nuovo rapporto di garanzia, come dedotto dalle due sentenze di merito.
Col quinto motivo si deducono vizi di motivazione in ordine alla soluzione per la eliminazione dei vizi difforme dalle indicazioni del ctu.
Col sesto motivo si censura la condanna alle spese.
Le prime due censure possono esaminarsi congiuntamente.
La responsabilita’ dell’appaltatore per gravi difetti dell’opera sancita dall’articolo 1669 c.c..
- (difetti ravvisabili in qualsiasi alterazione dell’opera, conseguente ad un’inadeguata sua realizzazione, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e non determinandone, pertanto, la rovina od il pericolo di rovina, si traducano, tuttavia, in vizi funzionali di quegli elementi accessori o secondari che dell’opera stessa consentono l’impiego duraturo cui e’ destinata e tali, quindi, da incidere negativamente ed in considerevole misura sul godimento di essa, cio’ che li distingue nettamente dai vizi e dalle difformita’ denunziabili, ex articolo 1667 c.c., con l’azione di responsabilita’ contrattuale e per i quali non e’ richiesto che necessariamente incidano in misura rilevante sull’efficienza e la durata dell’opera) – non e’ affatto di natura contrattuale, bensi’ extracontrattuale, in quanto intesa a garantire la stabilita’ e la solidita’ degli edifici e delle altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata per la tutela dell’incolumita’ personale dei cittadini, e, quindi, d’interessi generali inderogabili, che trascendono i confini ed i limiti dei rapporti negoziali tra le parti (e pluribus Cass. 6.12.00 n. 15488, 2.10.00 n. 13003, 14.2.00 n. 1608, 7.1.00 n. 81).
L’articolo 1669 c.c., benche’ collocato tra le norme disciplinanti il contratto di appalto, e’ diretto alla tutela dell’esigenza di carattere generale della conservazione e funzionalita’ degli edifici e di altri immobili destinati per loro natura a lunga durata. Conseguentemente, l’azione di responsabilita’ prevista da detta norma ha natura extracontrattuale e, trascendendo il rapporto negoziale (appalto o vendita) in base al quale l’immobile e’ pervenuto nella sfera di un soggetto diverso dal costruttore, puo’ essere esercitata nei confronti di quest’ultimo, quando abbia veste di venditore, anche da parte degli acquirenti, i quali in tema di gravi difetti dell’opera possono fruire dei termini decennale di prescrizione ed annuale di decadenza, (e pluribus: Cass. 31.3.06 n. 7634, 13.1.05 n. 567, 29.3.02 n. 4622,10.4.00 n. 4485, 6.2.98 n. 1203, 19.9.97 n. 9313, 27.8.97 n. 8109, 14.12.93 n. 12304).
Le prime due censure attengono solo alla data del compimento dell’opera ma tentano una diversa lettura delle risultanze processuali, senza ribaltare quanto dedotto in sentenza, posto che sostanzialmente si riconosce la mancanza di tutti gli elementi perche’ l’opera si potesse considerare ultimata.
Peraltro costituisce accertamento in fatto la deduzione della sentenza sulla mancata ultimazione.
Sul terzo motivo si osserva:
Per costante insegnamento di questa Corte, l’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la “scoperta” del vizio ai fini del computo dei termini annuali posti dall’articolo 1669 c.c. – il primo di decadenza per effettuare la “denunzia” ed il secondo, che dalla denunzia stessa prende a decorrere, di prescrizione per promuovere l’azione – deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravita’ dei vizi dell’opera quanto al collegamento causale di essi con l’attivita’ progettuale e costruttiva espletata, si che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del doppio termine, dovra’ ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all’atto dell’acquisizione d’idonei accertamenti tecnici; per il che, nell’ipotesi di gravi vizi dell’opera la cui entita’ e le cui cause, a maggior ragione ove gia’ oggetto di contestazioni tra le parti, abbiano, anche per cio’, rese necessarie indagini tecniche, e’ consequenziale ritenere che una denunzia di gravi vizi da parte del committente possa implicare un’idonea ammissione di valida scoperta degli stessi tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione ed, a maggior ragione, tale da far supporre una conoscenza dei difetti di tanto antecedente da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause, per l’un effetto, alla data della denunzia e, per l’altro, a data ad essa convenientemente anteriore (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 18.11.98 n. 11613, 20.3.98 n. 2977, 94 n. 8053).
Cio’ non significa, come pure ha evidenziato questa Corte con decisioni del tutto coerenti con i principi sopra richiamati, che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando dell’entita’ e delle cause dei vizi avesse gia’ avuta idonea conoscenza, ma solo che compete al giudice del merito accertare se la conoscenza dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire una loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa giudiziale poi, anche in epoca precedente, pur senza l’ulteriore supporto del parere d’un perito (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 2.9.92 n. 1016). Nella fattispecie la decisione impugnata ha fatto riferimento alla decisivita’ dell’accertamento peritale.
Il quarto motivo attiene a profili che la sentenza ha trattato a pagina nove per mera completezza, donde la non decisivita’ della censura, peraltro meramente affermata come dissenso rispetto alle due sentenze di merito.
Il quinto motivo ripropone il terzo motivo di appello sul quale la sentenza ha cosi’ dedotto: Il ctu ha spiegato che, al fine di eliminare con certezza le infiltrazioni … e’ necessario oltre che adeguare il sistema di deflusso delle acque realizzare una sottofondazione … . D’altra parte la somma del costo dei lavori indicati e’ pari a lire 35.550.000 superiore alla somma determinata dal giudice di primo grado; cio’ che comprova che il Tribunale non ha ritenuto necessaria la esecuzione di lavori non prescritti dal ctu.
Non vi e’ pertanto la lamentata divergenza rispetto alle indicazioni del ctu. Il sesto motivo e’ infondato data la persistente soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro 3200, di cui 3000 per compensi, oltre accessori.