Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 24 aprile 2013, n. 10056
La controparte può recedere dal contratto se il compratore ritarda nel versare la caparra confirmatoria? Perché?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere
Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11128-2007 proposto da:
(OMISSIS) SRL IN PERSONA DELLA SUA AMMINISTRATRICE UNICA E LEGALE RAPP.TE P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) SRL IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE P. T.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 2961/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 12/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/03/2013 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente che si riporta agli atti depositati e ne chiede l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La (OMISSIS) srl, con atto ritualmente notificato, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1165/2000 con cui il Tribunale di Monza – sez. distaccata di Desio, le aveva ingiunto il pagamento, in favore della ricorrente srl (OMISSIS), della somma di lire 161.778.725 oltre accessori, a titolo di caparra confirmatoria prevista nel contratto d’appalto stipulato tra le parti, avente ad oggetto la realizzazione e fornitura di facciate continue, serramenti in alluminio e facciate Forster, contratto che era stato risolto proprio per la mancata corresponsione della caparra in questione. Deduceva la societa’ opponente in specie l’inefficacia e/o nullita’ del patto relativo alla caparra stante il mancato versamento della somma e la natura reale del patto stesso nonche’ l’intervenuta risoluzione del contratto per muto consenso e non per inadempimento, per cui non sussistevano i presupposti per la risoluzione o il recesso del contratto. Chiedeva quindi la revoca del decreto opposto, previo accertamento dell’inesistenza e/o inefficacia del patto relativo alla caparra confirmatoria e la declaratoria dell’avvenuta risoluzione del contratto per concorde volonta’ della parti. In riconvenzionale chiedeva la condanna della srl (OMISSIS) al pagamento della somma di lire 22.620.000 a saldo della fattura n. (OMISSIS). Instaurato il contraddittorio, la societa’ opposta chiedeva il rigetto dell’opposizione, sostenendo che il mancato versamento della caparra aveva legittimato il suo recesso dal contratto in questione. Previa sospensione della provvisoria esecutorieta’ del provvedimento monitorio opposto, l’adito tribunale, con sentenza n. 39/04 accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e in accoglimento della riconvenzionale condannava la srl (OMISSIS) al pagamento in favore dell’opponente della somma di euro 11.682,00, oltre interessi legali. Il primo giudice, qualificato come appalto il contratto concluso tra le parti e rilevata la natura reale del patto di caparra, osservava che l’inadempimento dell’obbligo di versare la caparra non era cosi’ grave da giustificare il venir meno dell’interesse al mantenimento del contratto e il rapporto fiduciario con la (OMISSIS).
Avverso tale pronunzia proponeva appello la srl (OMISSIS) che insisteva in specie sull’erronea qualificazione della natura reale della caparra confirmatoria e della mancanza d’inadempimento ai fini del legittimo recesso dell’appellante, lamentando altresi’ l’omessa pronuncia sulla domanda di risoluzione contrattuale. Resisteva la (OMISSIS) che proponeva appello incidentale in punto compensazione delle spese processuali; l’adita Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 2961/06 depos. in data 12.12.2006 rigettava sia l’appello principale che quello incidentale, condannando l’ (OMISSIS) al pagamento delle spese del grado. Secondo la corte, non vi era alcun vizio di omesso esame della domanda di risoluzione, in quanto il tribunale si era implicitamente pronunciato sulla stessa respingendola, ritenendo che l’inadempimento della (OMISSIS) non era ancora definitivo, trattandosi di un mero ritardo nel versamento dell’acconto e del correlato patto accessorio di caparra. Rilevava tra l’altro che, in mancanza di specifici motivi d’appello circa la cause della risoluzione del contratto per inadempimento, si era formato il giudicato su tale specifico punto. Precisava la Corte che “il mancato versamento della caparra non (poteva) configurare inadempimento…., ne’ una legittima causa di recesso del contratto, ma giustificare un’azione obbligatoria per il versamento di tale importo”.
Per la cassazione di tale pronunzia, ricorre (OMISSIS) sulla base di 4 mezzi; la societa’ intimata non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Con il primo motivo, la societa’ ricorrente eccepisce il vizio di motivazione “per non avere la corte d’appello enunciate le ragioni che l’hanno portata a ritenere valide le argomentazioni del giudice di primo grado in ordine alla questione della natura degli effetti della caparra confirmatoria”. Eccepisce altresi’ la violazione e falsa applicazione degli articoli 1385, 1322 e 1655 c.c.” nella parte in cui si e’ ritenuto non applicabile l’istituto della caparra confirmatoria in mancanza della materiale consegna della corrispondente somma di danaro.
Ritiene pertanto l’esponente che l’accordo circa il versamento della caparra ha efficacia vincolante per le parti anche se la relativa somma non sia stata versata al momento della stipula del contratto.
Il mezzo si conclude con i seguenti quesiti di diritto:
a) “se contrattualmente pattuito il versamento di una somma a titolo di caparra confirmatoria, si producano gli effetti di cui all’articolo 1385 c.c., comma 2 anche in mancanza di materiale versamento della relativa somma”;
b) “se in relazione al disposto di cui all’articolo 1655 c.c., u.c. e nel rispetto dell’autonomia contrattuale previsto dall’articolo 1322 c.c., possa ritenersi valida ed efficace la pattuizione che pone a carico della parte committente l’onere del versamento di una somma di danaro a titolo di caparra confirmatoria, prima della realizzazione dell’opera da parte dell’appaltatore”.
La doglianza e’ infondata.
Occorre premettere che, la caparra confirmatoria, costituisce un contratto che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantita’ di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale). La caparra (sia confirmatoria che penitenziale) e’ dunque, come e’ noto, una clausola che ha lo scopo di rafforzare il vincolo contrattuale; il relativo patto contrattuale ha natura reale, e, come tale, e’ improduttivo di effetti giuridici ove non si perfezioni con la consegna della relativa somma (Cass. n. 2870 del 07/06/1978). Cio’ tuttavia non esclude che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, possano differire la dazione della caparra in tutto o in parte ad un momento successivo alla conclusione del contratto, come previsto dall’articolo 1385 c.c., comma 1, purche’ anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite (Cass. n. 5424 del 14.4.2002; Cass. 3071 del 13.02.2006; Cass. n. 17127 del 9.8.2011). Tale possibilita’ non comporta tuttavia anche quella di escludere la natura reale del contratto e ad attribuire all’obbligazione della sua prestazione gli effetti che l’articolo 1385 c.c., comma 2 ricollega alla sua consegna, che nel caso di specie non e’ avvenuta. Con tale conclusione resta assorbito l’esame delle ulteriori censure contenute nel motivo.
2 – Con il 2 motivo la societa’ denuncia la violazione degli articoli 1655, 1453 e 1455 c.c. “nella parte in cui la corte ha ritenuto l’insussistenza dell’inadempimento e della sua gravita’”. Assume che dagli elementi acquisiti risultava che la (OMISSIS) non aveva ne’ intenzione e ne’ possibilita’ di adempiere al contratto di appalto e che erano pretestuosi i motivi da lei addotti per ritardare il pagamento della caparra, la quale peraltro era economicamente rilevante per la ricorrente, che doveva a sua volta, affrontare altri impegni economici con altre aziende per adempiere agli obblighi scaturenti dal contratto d’appalto stipulato con la controparte.
La doglianza non e’ fondata, non ravvisandosi i denunciati vizi.
Al riguardo la corte distrettuale ha puntualmente osservato che il recesso era stato fondato sul mancato versamento della caparra e non sul mancato pagamento del prezzo; che inoltre si era formato il giudicato sul rigetto implicito della domanda di risoluzione perche’ “era riscontrabile un mero ritardo nell’adempimento dell’obbligo di versamento dell’acconto e del correlato patto accessorio di caparra” e che “siffatto ritardo non era cosi’ grave da giustificare il venir meno dell’interesse al mantenimento del contratto” avente ad oggetto una fornitura d’ingente valore (quasi lire un miliardo).
3 – Con il 3 motivo si deduce la violazione dell’articolo 342 c.p.c., nonche’ il vizio di motivazione “per non avere la corte specificato le ragioni per cui ha ritenuto l’esame della domanda di risoluzione precluso dalla formazione del giudicato e cio’ nonostante detta domanda sia stata espressamente proposta in grado d’appello e siano state enunciate le ragioni poste a suo fondamento e non accolte in primo grado.
La doglianza non ha pregio ed e’ inammissibile perche’ non attiene alla ratio decidendi. La sentenza infatti non ha negato la riproposizione della domanda di risoluzione in grado d’appello, ma ha affermato che, essendosi implicitamente pronunciata su di essa il giudice di primo grado, non era sufficiente riproporre la domanda, ma doveva essere impugnato il rigetto della stessa. Il rigetto di tale motivo comporta anche l’assorbimento del 4 motivo (la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1385 c.c. nella parte in cui si ritenuta non ammissibile la domanda di risoluzione del contratto).
Il ricorso dev’essere dunque rigettato. Nulla per le spese non avendo l’intimata svolto difese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.