Corte di Cassazione, Sezione 2 civile 14 novembre 2012, n. 19941
Esistono criteri per apporre canne fumarie?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere
Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere
Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g, 22395/06 proposto da:
- (OMISSIS) – (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso in cassazione, dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
-controricorrente -
avverso la sentenza n. 215/2005 della Corte di Appello di Trento, pubblicata il 15 giugno 2005;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12/10/2012 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) convenne innanzi al Tribunale di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, il cognato (OMISSIS), chiedendo – per quello che ancora conserva interesse nella presente sede di legittimita’- che questi fosse condannato a rimuovere la canna fumaria che, partendo da locali allibrati al convenuto – facenti parte dello stesso fabbricato, diviso per linee verticali, in cui in una porzione erano posti quelli dell’esponente – traversava il vano sottotetto che assumeva essere di proprieta’ esclusiva nella intera porzione, corrispondente alla meta’ della copertura, secondo quanto originariamente disposto in sede divisionale dagli originali comproprietari dell’intero stabile – i fratelli (OMISSIS) ed (OMISSIS) (quest’ultimo padre dell’attrice e donante alla medesima della porzione poi assegnatagli in sede di divisione).
Il convenuto si costitui’, contestando la fondatezza degli assunti dell’attrice, osservando tra l’altro che il vano sottotetto ove passava la canna fumaria non poteva dirsi estensione della proprieta’ di costei perche’ posto sulla colonna d’aria sovrastante il proprio appartamento e quindi doveva presumersi di proprieta’ di esso deducente. Concluse chiedendo l’accertamento della proprieta’ del sottotetto sovrastante i propri locali.
L’adito giudice accolse la domanda della (OMISSIS), ordinando al (OMISSIS) la rimozione del contestato manufatto, sulla base della considerazione che dall’estratto tavolare l’attrice doveva considerarsi proprietaria del vano sottotetto posto a settentrione – che aveva sempre costituito vano unico – dunque anche di quella parte sovrastante una porzione dei locali del (OMISSIS) entro la linea mediana del tetto.
La Corte di Appello di Trento, decidendo sul gravame di quest’ultimo soccombente e su quello incidentale della (OMISSIS), riformo’ la prima decisione e respinse il gravame incidentale, ordinando altresi’ all’appellata di sgomberare dalle proprie masserizie quella porzione di sottotetto sovrastante i locali del (OMISSIS), che accerto’ essere di proprieta’ dell’appellante.
La Corte distrettuale pervenne a tale decisione ritenendo che l’esistenza, sopra l’appartamento della (OMISSIS), di un vano sottotetto unico, pur se indicato nel rogito di donazione da parte del padre, originario comproprietario dell’intero edificio, non apportasse alcun decisivo argomento per considerare esteso il diritto dominicale di costei anche su una porzione di sottotetto sovrastante i locali del (OMISSIS) oltre la mezzeria della copertura, dovendosi attribuire a tale menzione una funzione meramente enunciativa di una situazione di fatto e non attributiva di per se di un diritto dominicale diverso ed ulteriore rispetto a quello emergente da altri elementi; a questo proposito, richiamando la descrizione tavolare dei vani in contestazione, decise che dalla stessa emergesse la intavolazione in favore della (OMISSIS) della sola porzione di sottotetto posta sulla colonna d’aria sovrastante i vani della medesima, dando atto, di converso, che la canna fumaria era posta immediatamente sopra il vano cucina del (OMISSIS), in corrispondenza del salto di quota del sottotetto, conseguente ad una ristrutturazione che in tempi diversi le parti avevano apportato al fabbricato e che non era stata del tutto oggetto di intavolazione. Ritenne infine non raggiunta la prova dell’usucapione, da parte della appellata, della porzione di sottotetto controversa.
Per la cassazione di tale decisione la (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di sette motivi, illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso il (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo viene denunziata la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1117 cod. civ. sostenendosi che la Corte trentina avrebbe violato il principio secondo il quale la proprieta’ del sottotetto si desume dal titolo di acquisto, non rientrando tale parte di edificio in quelle delle quali la norma in scrutinio istituisce una presunzione di condominialita’ e, in mancanza, dalla funzione in concreto attribuita a tale vano, cosi’ che se esso abbia il solo scopo di isolare gli appartamenti sottostanti dagli sbalzi termici, allora ne andra’ predicata la natura comune, mentre se tale funzione rivesta solo per l’appartamento posto all’ultimo piano, ne andra’ presunta la proprieta’ in capo al proprietario di quest’ultimo.
1.a – Desume la ricorrente che anche il semplice esame della consulenza tecnica di ufficio avrebbe consentito di appurare che vi era un unico accesso, dal proprio appartamento, al locale sottotetto, segno evidente del rapporto pertinenziale tra i due immobili.
1.b. Va innanzi tutto esclusa la carente considerazione – ai fini della identificabilita’ di un nesso pertinenziale in favore dei locali della (OMISSIS), esteso alla parte di sottotetto comprendente l’area su cui insiste la canna fumaria del (OMISSIS) – dell’esistenza di una scala retrattile conducente dal piano sottostante della ricorrente al sottotetto, dal momento che adeguatamente la Corte trentina ne ha escluso la valutabilita’ in quanto la sua costruzione risultava successiva non solo all’acquisto da parte di entrambe le parti dei rispettivi immobili – 1983 e 1991 – ma anche e soprattutto alla ristrutturazione completa anche del manto di copertura ad opera di ciascuna parte, con la creazione di differenti pendenze.
1.b.a. Va altresi’ negata la sussistenza di una violazione, da parte del giudice dell’appello, dei principi in forza dei quali la proprieta’ del sottotetto deve essere attribuita al proprietario dei locali sottostanti sulla base di un nesso pertinenziale di fatto le volte in cui il titolo di acquisto non sia chiaro in merito: invero la Corte distrettuale ha esaurientemente affrontato la questione sia dal punto di vista della descrizione tavolare sia delle conclusioni del CTU.
2 – Con il secondo motivo si assume che la Corte di Appello sarebbe caduta in contraddizione, dapprima assumendo che l’attribuibilita’ del sottotetto al (OMISSIS) sarebbe derivata dall’analisi dell’estratto tavolare, per poi sottolineare il valore sintomatico da attribuire al posizionamento della canna fumaria nella colonna d’aria sovrastante l’appartamento di costui, in mancanza di diversa indicazione del titolo di acquisto e della descrizione tavolare.
2.a – Non sussiste la lamentata contraddizione in quanto la Corte distrettuale ha dapprima messo in evidenza gli elementi testuali (“meta’ a settentrione”) dai quali aveva inferito l’attribuibilita’ alla (OMISSIS) della meta’ della copertura e del sottostante vano per poi concludere che, comunque, non vi sarebbe stata una indicazione esplicita in tale senso, di carattere negoziale, anche tenuto conto della mancata intavolazione dei vani conseguenti alla reciproca opera di pro fonda ristrutturazione operata dalle parti stesse.
3 – Con il terzo motivo si denunzia un complessivo vizio di motivazione – adducendo la presenza di tutti e tre i profili illustrati nell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – laddove, in contrasto con l’orientamento costante di legittimita’, il giudice del gravame non avrebbe esaminato la volonta’ negoziale – di trasferire alla deducente la proprieta’ dell’intera parte del sottotetto corrispondente alla meta’ del manto di copertura – desumibile dal titolo di acquisto; con connessa articolazione del medesimo mezzo – separatamente indicato come terzo in ordine progressivo – la (OMISSIS) denunzia la violazione o falsa applicazione delle norme di ermeneutica negoziale – articoli 1362- 1363 cod. civ. – non essendosi interpretate nel loro complesso le clausole descrittive dell’oggetto della vendita a se e quindi tradendo la volonta’ degli originari comproprietari del fabbricato – i germani (OMISSIS) ed (OMISSIS) (quest’ultimo padre della ricorrente) – che, in sede di divisione nel 1947, avevano inteso attribuirsi una meta’ verticale del fabbricato, in modo tale da suddividerlo in due porzioni, meta’ a settentrione e meta’ a mezzodi’, “con relativo sottotetto e coperto”: cosi’ attribuendosi le quote, ne sarebbe altresi’ risultato integrato in via interpretativa l’oggetto dell’atto di cessione che ciascuno di essi aveva poi separatamente compiuto in favore delle parti in causa.
4 – Con il connesso quinto motivo viene dedotto nuovamente un vizio di motivazione – attinta da insufficienza argomentativa o da contraddizione tra premesse e conclusioni-laddove, sostenendo la corrispondenza della colonna d’aria al piano sottostante e quindi la proprieta’ di entrambe al (OMISSIS), la Corte territoriale avrebbe disatteso la volonta’ contrattuale trasfusa nell’atto di acquisto, attribuendo al contro ricorrente ben oltre la meta’ del sottotetto; si duole in particolare la ricorrente della non corrispondenza alla realta’ processuale dell’affermazione della inesistenza di un atto divisionale tra i danti causa originali delle parti, mentre dall’esame dell’incarto processuale detto atto esisteva, era stato allegato e dal medesimo emergeva appunto la volonta’ di attribuire la meta’ del sottotetto a ciascuno.
5 – Con il settimo motivo ( anch’esso logicamente connesso ai due che precedono) viene dedotto un cattivo governo delle emergenze istruttorie – con conseguente vizio di violazione o falsa applicazione delle norme a cio’ preposte : articoli 115 e 116 c.p.c. – assumendo la completa pretermissione dell’atto divisionale in precedenza accennato, dalla considerazione del quale sarebbe emerso il senso complessivo dei successivi rogiti di vendita in parte qua.
6 – Esaminati congiuntamente i tre motivi ritiene la Corte che non rivesta alcun rilievo l’errore di fatto in cui e’ incorsa la Corte nell’affermare – fol. 21 della sentenza – che non vi sarebbe stata prova scritta della divisione tra i fratelli (OMISSIS), laddove il giudice dell’appello esamino’ le risultanze tavolari – queste si’ riportate in sentenza – le quali riproducevano, in parte qua, il contenuto degli accordi divisionali del 1947 dei fratelli (OMISSIS); comunque di esse ne venne tenuto conto. Va aggiunto che, se pure cio’ non fosse avvenuto, ai fini interpretativi risultava determinante il contenuto dei singoli atti di acquisto – quello per donazione nel 1983 della (OMISSIS) e quello di vendita del 1991 del (OMISSIS) – piuttosto che quello degli atti che li avevano preceduti e che in quello del (OMISSIS) vi era l’esatta descrizione del trasferimento riportata negli estratti tavolari.
6.a – Deve altresi’ affermarsi che non sussiste alcuna violazione delle norme di ermeneutica in quanto la comune intenzione delle parti riguardava semmai gli originali condividenti e non gia’ i loro aventi causa; del pari l’interpretazione complessiva delle clausole – articolo 1363 cod. civ. – non e’ efficacemente invocata perche’ furono differenti e distanti nel tempo (1983- 1991) i due negozi in forza dei quali le parti acquisirono la proprieta’ delle parti immobiliari; del tutto ragionevole, in termini di consequenzialita’ logica risulta quindi la soluzione interpretativa scelta dalla Corte trentina atteso che essa ha valorizzato sostanzialmente la circostanza che la menzione fatta – nel rogito attributivo – alla meta’ della copertura, non necessariamente determinava l’attribuzione anche dell’esatta meta’ del sottostante sottotetto, dovendo essere messa in rapporto all’aggettivo “corrispondente” e che tale corrispondenza, sulla base delle incontestate emergenze di CTU, coincideva con il muro portante che , ad un tempo, stabiliva la differente pendenza del manto di copertura – frutto delle successive reciproche ristrutturazioni e limite della proprieta’ delle parti – e dall’altro costituiva l’appoggio – o l’ammorsamento – del camino in contestazione.
7 – Con il quarto motivo si fa valere un vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione laddove la Corte territoriale avrebbe desunto la proprieta’ dei vani sottotetto in corrispondenza del sottostante primo piano del (OMISSIS) e non gia’, come sarebbe stato logico, del piano immediatamente sottostante detti locali, vale a dire il secondo piano.
7.a – Il motivo non e’ fondato in quanto appare evidente, da tutto lo svolgimento argomentativo della sentenza di appello che il riferimento fattuale per la attribuibilita’ della proprieta’ del sottotetto fosse la insistenza della porzione di tale vano sull’area occupata dai locali immediatamente sottostanti.
8 – Con il sesto motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 880 cod civ. in quanto la canna fumaria, sulla base della non contestata descrizione del consulente tecnico nominato d’ufficio, non insisterebbe per intero su locali di proprieta’ esclusiva del controricorrente bensi’ correrebbe al centro del muro portante centrale – che divide altresi’ le due proprieta’ – cosi’ che la sua posizione irregolare, anche a non voler accedere alle argomentazioni sopraesposte, dovrebbe essere comunque affermata per la violazione della suindicata norma.
8.a – Il motivo attiene ad una linea difensiva che non appare esser stata proposta nei pregressi gradi di merito – o, quanto meno, non risulta l’allegazione della sua precedente formulazione – rendendo per questa ragione non specifica la censura in oggetto e quindi inammissibile il mezzo in esame.
9 – Le spese vanno ripartite secondo la soccombenza e nella liquidazione conseguente all’applicazione del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese che liquida in euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.