Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 17 ottobre 2001 n. 12682
Quando e come il proprietario dell'appartamento sotto la terrazza a livello è tenmuto a contribuire alla sua manutenzione?
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Gaetano NICASTRO – Presidente -
Dott. Ugo FAVARA – Rel. Consigliere -
Dott. Ernesto LUPO – Consigliere -
Dott. Antonio LIMONGELLI – Consigliere -
Dott. Francesco TRIFONE – Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DBE, DNGC, elettivamente domiciliati in ROMA VLE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GIOVE, che li difende anche disgiuntamente all’avvocato SERGIO GIANELLO, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
IMMOBILIARE T SRL;
- intimata -
e sul 2° ricorso n 04454-99 proposto da:
T GUIDO & FIGLIO SAS (già T GUIDO E FIGLIO SNC), con sede in Genova, in persona del socio amministratore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la difende anche disgiuntamente all’avvocato CESARE GLENDI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
DBE, DNGC, elettivamente domiciliati in ROMA VLE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GIOVE, che li difende anche disgiuntamente all’avvocato SERGIO GIANELLO, giusta delega in atti;
- controricorrenti al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 125-98 della Corte d’Appello di GENOVA, Sezione II Civile, emessa il 04-02-98 e depositata il 26-02-98 (R. G. 1198-87);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10-04-01 dal Consigliere Dott. Ugo FAVARA;
udito l’Avvocato Stefano GIOVE;
udito l’Avvocato Emanuele COGLITORE (per delega Avv. L. MANZI);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stefano SCHIRÒ che ha concluso per il rigetto di entrambi ricorsi.
Fatto
Con citazione notificata il 9.2.82 la soc. Immobiliare T conveniva dinanzi il Tribunale di Genova DBE e DNGC per sentirli condannare alla eliminazione di tutte le infiltrazioni di acqua provenienti dall’appartamento e dal terrazzo a livello di quest’ultimi, oltre al risarcimento dei danni. RadicaT il contraddittorio, gli intimati contestavano la domanda assumendo che quali proprietari della terrazza soprastante i locali della società istante erano tenuti a partecipare alle necessarie opere di ripristino solo nella misura di un terzo mentre i residui due terzi erano a carico dei condomini che traevano utilità dal lastrico solare.
All’esito della istruttoria, il tribunale con sentenza del 23.9.1986 dichiarava che la spesa per i lavori di ripristino doveva essere ripartita ex art. 1126 c.c. e 15 del regolamento condominiale nella misura di due terzi e di un terzo, rispettivamente, a carico della attrice e dei convenuti che condannava, pertanto, al pagamento della somma di loro spettanza su lire sette milioni oltre rivalutazione ed interessi. A seguito di impugnazione della Immobiliare T, la Corte di Appello di Genova con sentenza del 26.2.1998, in parziale riforma della prima decisione, condannava in solido il DBE e la DNGC a pagare alla soc. T la somma di lire 3.214.665, oltre rivalutazione ed interessi dal 4.10.85, nonché la somma di lire 354.000, oltre rivalutazione ed interessi dal 3.11.83. Compensava un terzo delle spese di entrambi i gradi condannando i convenuti appellati al pagamento dei residui due terzi e delle spese di consulenza in ragione della metà.
Osservava, tra l’altro, la Corte che non era provato che le infiltrazioni fossero state provocate da danneggiamenti alla sottostante impermeabilizzazione di cui si era resa responsabile la ditta che aveva effettuato il rifacimento della piastrellatura del terrazzo. In conformità del parere del consulente, la Corte riteneva che le infiltrazioni fossero ascrivibili alla vetustà della impermeabilizzazione del terrazzo di calpestio a livello dell’appartamento di proprietà dei convenuti. Doveva, quindi, ritenersi corretta l’applicazione degli artt. 1126 c.c. e 15 del regolamento condominiale.
I giudici di appello provvedevano, quindi, a quantificare i danni e le spese per eliminarli ponendo un terzo delle stesse a carico degli appellati dovendo trovare applicazione il richiamato art. 1126 c.c.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il DBE e la DNGC affidandolo a due motivi.
Ha resistito con controricorso la soc. T Guido che, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi ai quali con controricorso hanno resistito i ricorrenti principali.
Diritto
Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni avverso la stessa sentenza.
Per ragioni logiche – giuridiche deve essere esaminato con priorità il ricorso incidentale.
Con il primo mezzo di impugnazione la soc. T, denunziata la violazione degli artt. 1126, 2043, 2051, 2053, 2697 c.c., 112, 116 e 117 c.p.c., nonché la insufficiente motivazione della sentenza su punto asserito decisivo, con riferimento, rispettivamente, ai numeri 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., lamenta che la Corte di Appello abbia erroneamente omesso di considerare che, in concreto, non era stata formulata domanda di rimborso spese condominiali, ma domanda per danni ex art. 2043 c.c. Deduce, ancora, la ricorrente che, trattandosi di terrazzo a livello di proprietà ed uso esclusivo, la responsabilità del DBE e della DNGC deriva dall’art. 2051 c.c. e comunque dalla colpa dei proprietari. Sostiene, da ultimo, la parte ricorrente che dagli atti emergerebbe la circostanza che le infiltrazioni si sono verificate dopo che i DBE – DNGC hanno seguito i lavori di rifacimento della piastrellatura del terrazzo.
La doglianza non ha fondamento.
Costituisce principio pacifico della giurisprudenza di legittimità (SS.UU.3672-97, 9009-98) che in tema di condomini di edifici la terrazza a livello, anche se di proprietà o di uso esclusivo di un singolo condomino, assolve alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell’edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti; ne consegue che, a norma dell’art. 1126 c.c., tutti i condomini cui la terrazza funge da copertura, in concorso con l’eventuale proprietario superficiario o titolare del diritto di uso esclusivo, sono tenuti alla manutenzione della predetta terrazza, onde dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione devono rispondere tutti secondo i criteri di ripartizione di spesa stabiliti dall’art. 1126 c.c..
Nella motivazione della sentenza impugnata la Corte genovese ha rilevato con insindacabile valutazione dei fatti che le infiltrazioni lamentate dalla Immobiliare T dovevano essere ascritte a vetustà della impermeabilizzazione del terrazzo di calpestio a livello dell’appartamento di proprietà della parte convenuta. Era, quindi, corretta l’applicazione degli artt. 1126 c.c. e 15 del regolamento del condominio e non degli artt. 2043, 2051. 2053 c.c. non essendo il fatto attribuibile a responsabilità dei proprietari del terrazzo a livello (sul punto e sulla esattezza delle argomentazioni dei secondi giudici cfr. Cass. 7727-00).
In effetti, esclusa qualsiasi responsabilità dei proprietari della terrazza a livello, i secondi giudici hanno con adeguata motivazione e correttamente fatto riferimento alla disciplina dettata dall’art. fl126 c.c., applicabile ad ogni tipo di condominio e, quindi, anche a quelli minimi a meno di esplicite deroghe, ponendo i due terzi delle spese a carico dei proprietari dei locali sottostanti il terrazzo a livello di copertura ed un terzo a carico dei proprietari di quest’ultimo. Tanto è sufficiente per sottrarre la denunziata sentenza alla censura della parte ricorrente.
Con il secondo mezzo di annullamento la soc. T, denunziata la violazione degli artt. 1123, 1126 c.c., 132 n. 4 c.p.c., nonché la insufficiente motivazione della sentenza su punto asserito decisivo, con riferimento, rispettivamente, ai numeri 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente trascurato di considerare che trattandosi di terrazzo a livello e non di lastrico solare le spese sostenute per eliminare le infiltrazioni di acqua non avrebbero dovute essere liquidate nella misura predetta ma quantomeno nella misura del 50% per ciascuna parte.
La censura è priva di pregio giuridico.
La equiparazione del terrazzo a livello con il lastrico solare è stata ritenuta, come si è avuto occasione di dire dinanzi, dalla giurisprudenza di questa Corte. Consegue che, sia pure per implicito, i giudici genovesi hanno motivato sul punto ritenendo applicabile l’art. 1126 c.c., per l’effetto dando alla fattispecie una diversa ma corretta soluzione.
Con il terzo mezzo di impugnazione la soc. T, denunziata la violazione degli artt. 2043, 2697 c.c., 115 a 117 c.p.c., nonché la insufficiente motivazione della sentenza su punto asserito decisivo, con riferimento, rispettivamente, ai numeri 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c. lamenta che la Corte di Appello abbia erroneamente omesso di accordare i danni subiti per la mancata utilizzazione dell’immobile in conseguenza delle infiltrazioni di acqua e dei lavori occorsi per eseguire le relative riparazioni.
La doglianza è infondata.
Si evince in modo sufficientemente chiaro dalla sentenza impugnata che la Corte del merito ha disatteso la domanda di danni collegabili al non utilizzo dei locali da parte della soc. T sul rilievo che la predetta società aveva in quel periodo fatto eseguire consistenti lavori per la trasformazione dell’immobile per cui gli eventuali ritardi di consegna erano riferibili a detti ultimi lavori e non già a quelli occorrenti per la eliminazione dei danni da infiltrazioni che solo per una minima parte interessarono l’immobile in oggetto.
La doglianza in effetti volge contro una apprezzamento di merito che in quanto esaurientemente motivato si sottrae al sindacato esercitabile da questa Corte.
Conclusivamente, va disatteso anche il terzo mezzo e con esso l’intero ricorso incidentale.
Con il primo motivo del ricorso principale il DBE e la DNGC, denunziata la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in riferimento all’art. 360 n. 3 stesso codice, lamentano che la Corte di Appello abbia erroneamente posto i due terzi delle spese di entrambi i gradi a carico di essi ricorrenti nonostante la decisione fosse sfociata in una mera correzione di un errore valutativo, quantificazione delle spese di ripristino, per nulla modificativo nel merito della sentenza di primo grado.
La doglianza non ha fondamento.
La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che il regolamento delle spese di lite rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito a condizione che sia rispettato il criterio della soccombenza e che non vi siano specifiche violazioni di legge o di tariffa.
Nella fattispecie, i secondi giudici, in accoglimento di specifico motivo di gravame, hanno compensato per un solo terzo le spese di entrambi i gradi ponendo i residui due terzi a carico dei convenuti, tenendo conto dell’esito della lite. Nessuna violazione dei principi anzidetti è ravvisabile nel caso concreto, onde il motivo non può che essere respinto.
Con il secondo mezzo di annullamento il DBE e la DNGC, denunziata la violazione dell’art. 90 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 stesso codice, lamentano che la Corte di Appello abbia erroneamente posto le spese di consulenza per la metà a carico della T e per l’altra metà a carico di essi ricorrenti. Deducono sul punto i ricorrenti che ciascuna delle parti deve provvedere alle spese degli atti che compie e di quelli che chiede ed, in concreto, la consulenza espletata in fase di appello era stata richiesta dalla Immobiliare T.
Si osserva in contrario che le spese di consulenza non si sottraggono alla comune disciplina delle spese processuali e seguono, pertanto, la regola della soccombenza, salva applicazione della compensazione.
Trattandosi in buona sostanza di spese di causa, il regolamento delle stesse rientra nei poteri insindacabili del giudice di merito con il solo limite di non porle a carico della parte totalmente vittoriosa, circostanza quest’ultima non verificatasi nella specie.
Conclusivamente, vanno disattesi sia il ricorso principale che quello incidentale.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 10.4.2001.