Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza 25 marzo 2005 n. 6474
Esistono beni condominiali che non sono necessariamente di proprietà comune? Esistono titoli che possono contrastare tale presunzione?
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Mario SPADONE – Presidente -
Dott. Antonino ELEFANTE – Consigliere -
Dott. Giandonato NAPOLETANO – Consigliere -
Dott. Ettore BUCCIANTE – Consigliere -
Dott. Emilio MIGLIUCCI – Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONDOMINIO in persona Amm.re pro tempore A.C. Elettivamente domiciliato in ROMA VIA ESOLE EOLIE 3, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GAMBERALE, che lo difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
FINAP 85 SRL, in persona dell’Amm.re Unico pro tempore G.D.C. elettivamente domiciliato in ROMA VIA TASSO 4, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO MARIOTTI BIANCHI, che lo difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1319/01 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 11/04/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/12/04 dal Consigliere Dott. Emilio MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato GAMBERALE Paolo, difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino Alberto RUSSO che ha concluso per accoglimento del 2 motivo; rigetto nel resto.
Fatto
Con atto di citazione notificato il 7 aprile 1992 la s.r.l. FINAP 85, premesso che il Condominio sito in Roma via deteneva a titolo di comodato senza determinazione di tempo alcune porzioni dell’edificio di sua proprietà, lo conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Roma per sentirlo condannare al rilascio dei predetti immobili nonché al risarcimento dei danni per la ritardata consegna.
Il convenuto, che eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, nel merito chiedeva il rigetto della domanda.
Con sentenza n.21161/1999 il tribunale accertava l’esistenza di un contratto di comodato senza determinazione di tempo avente ad oggetto i locali adibiti a portineria ed alloggio dei portieri, condannando il Condominio al rilascio; rigettava la domanda di danni.
Con sentenza del 27 marzo 2001 la Corte di appello territoriale, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dal Condominio, accertava l’esistenza di un contratto di comodato senza determinazione di tempo limitatamente ai locali adibiti ad alloggio dei portieri, che riconosceva di proprietà esclusiva della s.r.l. FINAP 85, ritenendo invece che rientravano fra le cose comuni quelli destinati a guardiola;
rigettava l’appello incidentale spiegato dalla s.r.l. FINAP 85 relativamente alla domanda di risarcimento dei danni
I giudici di appello, per quel che ancora interessa nella presente sede, escludevano che i locali adibiti ad alloggio dei portieri rientrassero, ai sensi dell’art. 1117 c.c., fra i beni comuni, in considerazione della legittimità della riserva di proprietà a favore dell’originario proprietario risultante dal regolamento condominiale regolarmente trascritto e depositato successivamente alla stipula dei primi atti di vendita delle singole unità immobiliari in cui era già contenuta l’espressa riserva di proprietà degli immobili adibiti ad alloggio dei portieri;
l’esistenza del comodato senza determinazione di tempo era dimostrata dalla consegna dei tali unità immobiliari a favore del Condominio che, nell’utilizzarli nel suo esclusivo interesse, li aveva da sempre adibiti ad alloggio dei portieri.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Condominio di Roma via sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la s.r.l. FINAP 85.
Entrambe Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Diritto
Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art.1117 c.c. c.p.c., censura la decisione gravata che, nel disattendere l’eccezione di nullità della riserva di proprietà dei locali adibiti ad alloggio dei portieri, aveva fatto erroneamente riferimento al regolamento di condominio, risultante da un atto scritto e regolarmente trascritto, senza tenere conto che:
anteriormente alla data in cui il regolamento era stato registrato le porzioni di edificio in oggetto erano state dalla società costruttrice destinate a parti comuni, sicché non poteva avere alcuna rilevanza l’atto unilateralmente predisposto dalla s.r.l. FINAP 85 successivamente alle vendite di alcuni appartamenti;
la riserva di proprietà contenuta negli atti di vendita delle singole unità immobiliari era priva di valore posto che “negli stessi si legge che veniva alienata anche la comproprietà delle cose comuni, fra le quali sono ricompresi, ai sensi dell’art.1117 c.c., i locali per la portineria e l’alloggio dei portieri”.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt.1803-1810 c.c., 115 e 116 c.p.c. nonché erronea e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta che la Corte di appello aveva ritenuto l’esistenza di un comodato senza determinazione di tempo, pur in mancanza di alcuna prova della consegna a favore del Condominio degli immobili che -pur se non deve rivestire forme solenni- va dimostrata a pena di nullità: in subordine andava dichiarata la carenza di legittimazione processuale passiva del Condominio.
Il primo motivo del ricorso è fondato.
La Corte di appello, nel confermare la decisione di primo grado limitatamente all’alloggio dei portieri, riconosciuto di proprietà esclusiva dell’attrice (i locali adibiti a guardiola erano invece considerati di proprietà comune), ha ritenuto che -in virtù del regolamento condominiale predisposto dalla società costruttrice- era stata superata la presunzione di comunione dell’alloggio dei portieri, derivante dall’art. 1117 n.2 c.c.;
nei singoli atti di vendita stipulati era stata fatta espressa riserva di proprietà degli immobili de quibus;
irrilevante era ritenuta la circostanza che le unità immobiliari erano state di fatto sempre adibite ad alloggio dei portieri, posto che tale destinazione era stata indicata nello stesso regolamento condominiale che le aveva escluse dalle parti comuni, mentre l’utilizzo per il soddisfacimento di esigenze comuni del fabbricato non poteva determinare un trasferimento della proprietà condominiale.
Orbene, deve ritenersi innanzitutto corretta la statuizione della decisione impugnata, che -nell’ escludere i locali in oggetto dalle cose comuni indicate dall’art.1117 c.c.- aveva verificato la legittimità della riserva di proprietà a favore dell’originario proprietario-costruttore, facendo riferimento all’atto di costituzione del condominio. Infatti, nella sentenza si sottolinea come in realtà la riserva di proprietà contenuta nel regolamento era stata già prevista dai primi atti di vendita delle singole unità immobiliari.
Peraltro, la decisione impugnata, pur avendo accertato che nello stesso regolamento condominiale era stata prevista la destinazione ad alloggio dei portieri dei locali in questione, ne aveva ritenuto l’irrilevanza, limitando l’indagine al profilo della comproprietà o meno dei beni medesimi.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, condivisa dal Collegio, le parti dell’edificio condominiale (locali per la portineria e l’alloggio del portiere), indicate nell’art.1117 n.2 c.c. sono, a differenza dei beni descritti ai n.ri 1 e 3 del citato art.1117 c.c., suscettibili di utilizzazione individuale, in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità. Pertanto, occorre accertare nei singoli casi se l’atto, che li sottrae alla presunzione di proprietà comune, contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l’esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario, che è suscettibile di trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione (Cass. 4435/2001; 5167/1986).
Come si è già detto, tale indagine è del tutto mancata nella specie, pur avendo la sentenza impugnata verificato che nel regolamento condominiale era stata indicata la destinazione ad alloggio dei portieri dei locali de quibus.
Il secondo motivo deve ritenersi assorbito dall’accoglimento del primo.
In relazione al motivo accolto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma;
tenuto conto del thema decidendum, che è limitato -per quel che si è detto- ai locali destinati ad alloggio dei portieri, il giudice di rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
“In tema di parti dell’edificio condominiale, adibite ai sensi dell’art. nell’art.1117 n.2 c.c. ad alloggio del portiere, deve accertarsi se l’atto, che nel caso concreto li sottrae alla presunzione di proprietà comune, contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vicolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l’esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario, che è suscettibile di trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione”
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso assorbito il secondo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 dicembre 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 25 MAR. 2005.