Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 21 novembre 2012, n. 20558
La proprietà che tipo di diritto è? Cosa ne consegue ai fini processuali?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere
Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere
Dott. MATERA Lina – Consigliere
Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12019/2006 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato COATTI Gigliola;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 946/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 15/10/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/10/2012 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento 3 motivo; rigetto degli altri motivi del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25.5.1992 (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Savona, (OMISSIS) per sentire accertare e dichiarare che il ripostiglio (o cantina) con la soprastante terrazza e scala di accesso, facenti parte del mappale (OMISSIS), fg. 26 del Comune di (OMISSIS), erano di loro esclusiva proprieta’ e, conseguentemente, chiedevano che fosse disposta la rettifica delle planimetrie depositate presso l’UTE con condanna, inoltre, della convenuta alla restituzione di detto ripostiglio o cantina.
Sostenevano gli attori:
avevano acquistato da (OMISSIS) e (OMISSIS), con atto (OMISSIS) per notaio (OMISSIS), un fabbricato rurale sito nel Comune di (OMISSIS), pervenuto alle sorelle (OMISSIS) per successione al loro fratello (OMISSIS), il quale ne era proprietario sin dal 1939; la (OMISSIS), con rogito notaio (OMISSIS) A. del (OMISSIS), aveva acquistato da (OMISSIS) (fratello delle loro danti causa) una casa adiacente a quella di essi attori, censita nel N.C.E.U. di (OMISSIS) alla partita (OMISSIS), fg. (OMISSIS), mappale (OMISSIS) sub 1; in tale atto di vendita per notaio (OMISSIS) erano stati indebitamente inclusi, pur appartenendo al mappale (OMISSIS), detto ripostiglio ed il soprastante terrazzo con annessa scala, incorporati da (OMISSIS) (dante causa della (OMISSIS)) alla propria proprieta’ con denuncia di variazione presso l’UTE.
Si costituiva in giudizio la (OMISSIS) che provvedeva a chiamare in causa il notaio (OMISSIS) A. al fine di essere da lui risarcita del danno, in caso di accoglimento della domanda. Costituitosi in giudizio il notaio (OMISSIS) affermava che gli immobili di cui veniva lamentato l’indebito inserimento nell’atto a suo rogito non erano stato menzionati nell’atto stesso e non erano stati, quindi, oggetto di compravendita.
Espletata C.T.U.,con sentenza n. 18/1999, il Tribunale respingeva la domanda condannando gli attori a rifondere le spese alla convenuta ed al (OMISSIS).
Avverso tale sentenza proponevano appello il (OMISSIS) e la (OMISSIS). Resisteva la (OMISSIS) e, per l’ipotesi di accoglimento della domanda degli appellanti, riproponeva, con gravame incidentale condizionato, la domanda di risarcimento del danno nei confronti del notaio. Espletata la prova testimoniale dedotta dagli appellanti, con sentenza depositata il 15.10.2005, la Corte d’Appello di Genova, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava che il ripostiglio-cantina, il terrazzo e la scala esterna di accesso ai civici (OMISSIS), erano di proprieta’ di (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari del fabbricato civici (OMISSIS); condannava la (OMISSIS) a rilasciare, in favore degli appellanti, il ripostiglio in questione; respingeva l’appello incidentale condizionato proposto nei confronti di (OMISSIS); condannava la (OMISSIS) a rifondere ai (OMISSIS) – (OMISSIS) le spese processuali dei due gradi e dichiarava compensate le spese stesse quanto al rapporto (OMISSIS) – (OMISSIS), ponendo a carico della (OMISSIS) le spese di C.T.U..
Osservava la Corte di merito, sulla base dell’esame dei reciproci titoli di acquisto delle parti, della C.T.U. e della prova testimoniale, che le porzioni immobiliari in questione non avevano formato oggetto della compravendita per notaio (OMISSIS); la (OMISSIS) non aveva potuto acquistarne la proprieta’ in quanto si trattava di beni non appartenenti al suo dante causa, ma ai (OMISSIS) – (OMISSIS) “che li avevano in precedenza acquistati dalle eredi di (OMISSIS) il quale ne era proprietario e possessore”; la domanda risarcitoria proposta dalla (OMISSIS) nei confronti de notaio (OMISSIS) doveva, percio’, essere respinta. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), formulando tre motivi. Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) che ha pure depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce: 1) violazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 1 (testo previgente) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3; l’accoglimento dell’appello era stato fondato sull’accertamento dell’avvenuta usucapione dei beni oggetto di causa in favore di (OMISSIS), dante causa delle venditrici, sorelle (OMISSIS); la domanda di accertamento di avvenuta usucapione, presupposto necessario per l’accoglimento della domanda di rivendica svolta dai (OMISSIS) – (OMISSIS) costituiva, pero’, una domanda nuova e, come tale, inammissibile nel giudizio di appello; 2) violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.c., comma 2 (testo previgente) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, posto che, in sede di appello, era stata ammessa ed espletata la prova testimoniale richiesta dagli appellanti e diretta a provare l’avvenuto acquisto per usucapione, da parte di (OMISSIS), degli immobili oggetto di causa; tale prova non era stata dedotta in primo grado e, per la sua novita’, non poteva essere, quindi, ammessa in appello; peraltro, la Corte di appello aveva condannato la (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, in violazione di detta norma, laddove e’ previsto che se la prova poteva essere dedotta in primo grado “si applicano per le spese del giudizio di appello le disposizione dell’articolo 92 c.p.c.; 3) omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5;
i giudici di appello avevano ritenuto il rogito di acquisto redatto dal notaio (OMISSIS) “imperfetto tanto da poter indurre in errore l’acquirente in ordine alla consistenza dell’immobile acquistato”; tale affermazione avrebbe dovuto comportare l’accoglimento dell’appello incidentale condizionato con cui la (OMISSIS) aveva chiesto, in caso di accoglimento dell’appello principale, che il notaio (OMISSIS) fosse condannato a rimborsarle una somma pari al valore dei beni immobili rivendicati dai (OMISSIS) – (OMISSIS) oltre al risarcimento del danno.
Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
In relazione all’azione di rivendicazione, proposta originariamente dagli attori, non e’ configurabile il divieto dello “ius novorum” ,ex articolo 345 c.p.c., con riferimento alla ulteriore domanda di usucapione dei beni in questione, avanzata in sede di appello.
La proprieta’, infatti, appartiene alla categoria dei c.d. diritti “autodeterminati”, individuati in base alla sola indicazione del loro contenuto, rappresentato dal bene che ne costituisce l’oggetto, sicche’ nelle azioni ad essi relative, a differenza delle azioni accordate a tutela dei diritti di credito, la “causa petendi” si identifica con i diritti stessi, mentre il titolo, necessario alla prova del diritto, non ha alcuna funzione di specificazione della domanda. Ne consegue che l’allegazione, nel corso del giudizio di rivendicazione, di un titolo diverso (nella specie, usucapione) rispetto a quello (nella specie, contratto), posto inizialmente a fondamento della domanda, costituisce solo un’integrazione delle difese sul piano probatorio e non determina, quindi, la novita’ della domanda ne’ la rinuncia alla valutazione del diverso titolo dedotto in precedenza (Cfr. Cass, n. 22598/2010;n. 15915/2007; n. 3192/2003; n. 18370/2002; n. 5894/2001).
Del pari infondato e’ il terzo motivo.
La Corte di merito ha escluso ogni responsabilita’ del notaio rogante, respingendo l’appello incidentale della (OMISSIS), sulla base del tenore dell’atto di acquisto (OMISSIS) per notaio (OMISSIS), evidenziando che la descrizione dell’immobile, riportata nell’atto stesso, non comprendeva fra i beni alienati alla (OMISSIS) quelli rivendicati, dando atto, inoltre, che (OMISSIS), dante causa delle attrici, aveva maturato l’usucapione ventennale della cantina di cui veniva reclamata dai (OMISSIS) – (OMISSIS) la restituzione. Tale “ratio decidendi” non puo’ ritenersi superata dalla rilevata imperfezione dell’atto pubblico dovuta alla inesattezza dei dati catastali riportati nella scheda di variazione catastale, trattandosi di circostanza valutata dal giudice di appello solo ai fini della compensazione delle spese processuali dei due gradi di giudizio,disposta fra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS).
La seconda doglianza, per la parte riguardante la dedotta novita’ ed inammissibilita’, ex articolo 345 c.p.c. (testo previgente) della prova formulata per la prima volta nell’atto di appello (diretta a provare l’avvenuta usucapione degli immobili in contestazione da parte di (OMISSIS)), e’ priva di fondamento.
Come rilevato nella sentenza impugnata, detta prova serviva ad integrare quella necessaria ai fini dell’accoglimento della domanda di accertamento della proprieta’, sotto il profilo dell’intervenuta usucapione dei beni in contestazione, sicche’ poteva essere ammessa alla stregua del disposto dell’articolo 345 c.p.c., comma 2, nella formulazione anteriore alla modifica introdotta dalla Legge n. 353 del 1990, articolo 52, applicabile con riferimento ai giudizi iniziati in primo grado in epoca anteriore al 30.4,1995 e, quanto al giudizio di appello, a prescindere dall’epoca in cui questo si svolge.
Nella specie, quindi, posto che il giudizio e’ stato introdotto con atto di citazione notificato il 25.5.1992, non trovavano applicazione, “ratione temporis”, le preclusioni probatorie introdotte con la nuova formulazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 3.
Merita accoglimento il secondo motivo, quanto alla dedotta violazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 2, laddove e’ previsto che le parti possono chiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova “ma se la deduzione poteva essere fatta in primo grado si applicano per le spese del giudizio d’appello le disposizioni dell’articolo 92 c.p.c., salvo che si tratti del deferimento del giuramento decisorio”. Orbene, la Corte di merito ha condannato la (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio, nei confronti dei (OMISSIS) – (OMISSIS), senza in alcun modo dare conto del presupposto inerente il grado di giudizio in cui la nuova prova poteva essere richiesta e senza motivare il mancato esercizio del potere discrezionale di compensare le spese di lite in deroga al principio della soccombenza.
La Corte di legittimita’, al riguardo, ha affermato che e’ insindacabile in sede di legittimita’ il modo con cui il giudice di appello abbia esercitato il potere di derogare, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., al principio della soccombenza che regola l’onere delle spese giudiziali ed ha precisato che il mancato esercizio di tale potere discrezionale non puo’ essere dedotto come motivo di annullamento della decisione in cassazione (Cfr. Cass. n. 14488/06; n. 18650/03; n. 7822/98; n. 1227/97).
Nella specie, pero’, difetta la valutazione sulla possibilita’ di dedurre la nuova prova in primo o in secondo grado con la conseguenza che non e’ consentito verificare se la regolamentazione delle spese sia stata effettuata in relazione all’una o all’altra delle ipotesi cui fa riferimento il disposto dell’articolo 345 c.p.c., comma 2 (possibilita’ di richiedere la prova in primo grado o in grado di appello). Tale valutazione, implicando un accertamento da rapportarsi alle reciproche tesi difensive delle parti nello svolgimento della dialettica processuale, e’ riservata al giudice di merito. Ne consegue che la sentenza impugnata, limitatamente al motivo accolto, deve essere cassata con rinvio al altra sezione della Corte di Appello di Genova che dovra’ effettuare detta valutazione e provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il 1 ed il 3 motivo di ricorso; accoglie il 2 motivo per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Genova anche per le spese del giudizio di legittimita’.