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Federproprietà AbruzzoCorte D'AppelloCorte d’Appello L’Aquila, Sentenza 11 ottobre 2012, n. 1147

Corte d’Appello L’Aquila, Sentenza 11 ottobre 2012, n. 1147

Se i locali adibiti a rimessa si allagano perché il sistema di defluvio e pompaggio dele acque condominiali si è rotto, il condomino può chiedere il risarcimento?

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA
SEZIONE CIVILE

La Corte d’Appello di L’Aquila, composta dai Magistrati,
Dr. Augusto Pace – Presidente -
Dr. Elvira Buzzelli – Consigliere rel. est. -
Dr. Angela Di Girolamo – Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella controversia in grado d’appello iscritta al n. 806/2008 R.G., posta in deliberazione alla scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche (14 maggio 2012)

vertente tra

Br.Gi., Ti.An., Ti.Se., rappresentati e difesi giusta mandato in calce all’atto di appello dall’avv. Ar.Ta., unitamente e congiuntamente all’avv. An.Ar., ed elettivamente domiciliato in L’Aquila, presso lo studio dell’avv. As.Lu.;

appellanti

contro

Condominio “Di.”, in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentati e difesi giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta in appello dall’avv. An.An. del foro di Vasto ed elettivamente domiciliato presso di lui in L’Aquila, Piazza (…);

appellato

Oggetto: risarcimento danni.

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 171/2008 il tribunale di Vasto, in composizione monocratica, rigettava, previa riunione, le domande proposte con distinte citazioni dagli attuali appellanti contro il condominio Di.Sc., per sentir condannare quest’ultimo al risarcimento dei danni derivati a ciascuno degli attori dall’allagamento dei locali garage e il conseguente danneggiamento di quanto in essi contenuto. Avevano esposto gli attori, a sostegno delle domande, di essere proprietari di unità immobiliari facenti parte del condominio convenuto e che l’allagamento dei garage, posti ad un livello inferiore rispetto al piano stradale, avvenuto in occasione di forti precipitazioni verificatesi nel gennaio 2003, era da ascriversi al mancato e/o insufficiente funzionamento dei sistemi condominiali di defluvio e pompaggio delle acque meteoriche già convogliate nella conduttura condominiale fino al mare.

Il condominio aveva impostato la sua difesa nei tre procedimenti (poi riuniti) esponendo che l’evento dannoso fosse da ascriversi in via esclusiva all’imprevedibile riversarsi di “un’immensa massa d’acqua” in occasione di eccezionali eventi atmosferici; invocava quindi l’ipotesi della forza maggiore, evidenziando peraltro come il comune di Vasto non avesse provveduto ad idonea manutenzione dei tombini e della condotta di scolo delle acque superficiali che, dal tombino ANAS parallelamente alla strada di penetrazione interna raggiunge il mare, per cui l’acqua, invece di essere spinta verso il mare, torna indietro proprio all’altezza dei pozzetti in adiacenza dello scivolo d’ingresso ai garage.

Il tribunale fondava la statuizione di rigetto della domanda sulla considerazione dell’eccezionalità dell’evento meteorologico che aveva da solo determinato l’evento, posto che, in condizioni di normalità, il condominio aveva dimostrato di essere dotato di una pompa di sollevamento delle acque assolutamente adeguata alle esigenze condominiali; evidenziava anche che un contributo causale all’evento avrebbe dovuto essere individuato nella mancata manutenzione del pozzetto situato a lato dello scivolo di accesso ai garage che costituiva prosecuzione di una condotta che convoglia le acque dalla strada verso il mare da cui fuoriusciva acqua che andava a confluire nei garages con una pressione tale da rompere il pozzetto stesso, anche perché risultava anche parzialmente ostruito lo sbocco della condotta verso il mare.

Escludeva responsabilità del condominio in relazione a tali problematiche poiché vi era incertezza sul soggetto proprietario del pozzetto.

Interponevano appello i tre attori, lamentando travisamento dei fatti ed omessa valutazione delle risultanze processuali. Riportavano, al riguardo, ampi stralci della relazione peritale e delle dichiarazioni testimoniali, per significare che a provocare l’allagamento era stata l’acqua che era fuoriuscita (a causa della omessa manutenzione) dal pozzetto posto in adiacenza al muro di contenimento che delimita lo scivolo di accesso ai garage, il quale, a sua volta, non era provvisto di alcun accorgimento (quali cunette, cordoli, grate) idoneo ad impedire o a contenere il deflusso delle acque verso i locali garage. Le due concomitanti circostanze, entrambi ascrivibili al condominio, erano causa indubbia dell’allagamento o, quantomeno, del suo verificarsi in quella particolare gravità, per cui insistevano per l’accoglimento della domanda. L’appellato ribadiva secondo le valutazioni tecniche del CTU nominato che il condominio si era comunque dotato di apposita ed idonea pompa di sollevamento dell’acqua meteorica e periodicamente pulita, per cui non poteva evidentemente sussistere alcun residuo profilo di responsabilità.

L’appello è fondato e va accolto per le ragioni che si espongono.

In linea generale, va rammentato che anche il condominio di edifici (quale ente esponenziale di gestione delle cose comuni) nella misura in cui è custode dei beni e servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde dei danni che queste cagionino alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (cass. n. 5326/2005, massima enunciata in tema di tracimazione delle acque luride dal water di un bagno a causa della occlusione del tratto terminale dell’impianto fognario).

In tema di responsabilità da cose in custodia, poi, deve osservarsi come (cass. Sez. 3, Sentenza n. 8005 del 01/04/2010 “la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ., prevista per i danni cagionati da cose in custodia, presupponga la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione “iuris tantum” della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità”.

Ora, il complesso degli elementi acquisiti impedisce di considerare come ascrivibile ad un fatto eccezionale ed imprevedibile l’allagamento delle proprietà esclusive degli attori. Per quanto l’evento meteorico in occasione del quale è avvenuto l’allagamento possa avere avuto il carattere di una pioggia particolarmente intensa, essa può certamente rientrare nell’ambito di fenomeni gli atti dimostrano come la conformazione dei luoghi fosse tale da richiedere, comunque, particolare cura ed attenzione al convogliamento e allo scarico delle acque meteoriche. In particolare, il CTU ha evidenziato come la linea fognaria presente nell’area condominiale, caratterizzata da un pozzetto di raccolta delle acque meteoriche che è situato in area condominiale che presenta criticità perché raccoglie le acque provenienti dalla statale 16, sovrastante, sia perché la sua prosecuzione verso il tratto terminale che scarica a cielo aperto verso il mare è spesso ostruita (il che comporta il ritorno delle acque verso il pozzetto). La criticità evidenziata, vale a dire il ritorno dell’acqua verso il pozzetto in caso di cattiva manutenzione del tratto terminale, non era circostanza imprevedibile, così come l’evidente aggravamento che ciò avrebbe comportato in termini di utilizzo della pompa di sollevamento delle acque meteoriche che si riversano anche naturalmente sulla corsia di scivolo dei garage (posti come si è detto ad un livello più basso), dimensionata ovviamente sulla portata d’acqua meteorica che cade sulla superficie della corsia e non valida, invece, per fronteggiare l’ulteriore prevedibile aggravio in caso di fuoriuscita dell’acqua già canalizzata dal pozzetto. La criticità è ulteriormente evidenziata dalla mancanza di interventi di impermeabilizzazione del pozzetto stesso, il che, come pure è stato accertato (pag. 6 della relazione) ha determinato perdite dal pozzetto con fuoriuscita di acqua all’interno del muro di contenimento condominiale e dall’assenza di accorgimenti tecnici ed, di “troppo pieno” idonei a direzionare l’eventuale (e prevedibile) ritorno delle acque e salvaguardare la corsia di accesso ai garage e quindi prevenire il loro allagamento. Il fatto, quindi, che “l’intero sistema fognario fosse caratterizzato da una forte criticità”, è quindi – condivisibilmente – da ascriversi alla circostanza che “lo scivolo era inadeguato e convogliava tutto il flusso verso i locali garage” e poiché “il pozzetto – non adeguatamente pulito e oggetto di adeguata manutenzione ed impermeabilizzazione – provocava la fuoriuscita delle acque che si riversavano sul muro di contenimento in adiacenza al quale correva il menzionato pozzetto”. Ora, si sostiene in sentenza (e si contesta nei motivi d’appello) che non sia chiara la proprietà del pozzetto ai fini dell’affermazione del rapporto di custodia e della conseguente affermazione di responsabilità. Ora, deve osservarsi che il pozzetto è descritto come “adiacente al muro di contenimento” lungo il quale corre “lo scivolo di accesso ai garage” che sono entrambi, indubbiamente, un bene comune; ciò consente di ritenere che sia di proprietà comune anche il pozzetto che su di esso è posto, ed avente la specifica funzione di convogliare e raccogliere le acque provenienti dalla strada, ciò in applicazione della presunzione di cui all’art. 1117 c.c., che esso sia di proprietà condominiale (vds. peraltro teste Ar., che ha confermato che il pozzetto si trova all’interno dell’area condominiale, teste Ru., il quale pure ha precisato che “la condotta di scolo che convoglia al mare le acque meteoriche si trova sulla proprietà condominiale e che è stata creata con la costituzione dell’edificio condominiale, mediante intubazione dello scarico naturale preesistente e non è dato sapere se è stato opportunamente dimensionato”; si confronti, al riguardo, cass. Sez. 3, Sentenza n. 6175 del 13/03/2009, in cui si legge che, in tema di condominio, i beni indicati dall’articolo 1117 cod. civ., con elencazione non tassativa, ma solo esemplificativa, si intendono comuni per presunzione derivante sia dall’attitudine oggettiva che dalla concreta destinazione degli stessi al servizio comune. La parte che voglia vincere tale presunzione ha l’onere di fornire la prova contraria, non potendo al riguardo valere né le risultanze del regolamento condominiale né l’eventuale inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un condomino).

Risulta quindi evidente che – anche a prescindere dalla riconducibilità della fattispecie all’art. 2051 c.c. ed anche a volerla analizzare in termini di responsabilità generale da fatto illecito ex art. 2043 c.c. – sarebbe comunque provata non solo la relazione causale tra le condizioni dell’impianto fognario del condominio e l’evento dannoso, ma anche la prevedibilità del medesimo ed in sostanza il fatto colposo del condominio che avrebbe dovuto rendersi conto come la mera esistenza di una pompa di sollevamento delle acque meteoriche, in base alle verificabili condizioni dei luoghi (scivolo e pozzetto, nonché la pendenza della rampa verso i garage, ed infine la visibile condizione del tratto terminale della condotta), fosse insufficiente ed inadeguata ad evitare allagamenti dei garage medesimi. Si osservi come siano stati concretamente allegati nel caso in esame gli elementi costitutivi idonei a consentire la configurazione da parte del giudice sia dell’una che dell’altra fattispecie di talché non potrebbe validamente porsi alcuna eccezione di novità della domanda né di ultrapetizione (vds. cass. sez. 3, Sentenza n. 18520 del 20/08/2009, ove si spiega che “quando l’attore abbia invocato in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., il divieto di introdurre domande nuove (la cui violazione è rilevabile d’ufficio da parte del giudice) non gli consente di chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ai sensi degli artt. 2050 (esercizio di attività pericolose) o 2051 (responsabilità per cose in custodia) cod. civ., a meno che l’attore non abbia sin dall’atto introduttivo del giudizio enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata da detti articoli).

Infine, la circostanza che possano esservi stati nel caso concreto fattori causali concorrenti, quali omissioni degli enti pubblici preposti alla custodia e manutenzione di altri tratti della condotta non impedisce che il danno debba essere comunque risarcito per intero dal condominio il quale potrà eventualmente rivalersi su altri corresponsabili; infatti, ex art. 2055 c.c. se il fatto dannoso è imputabile a più persone tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.

Quanto all’ammontare dei danni riportati dalle autovetture e dagli oggetti contenuti nei garage, la domanda è pienamente fondata.

Sussiste, infatti, adeguato riscontro istruttorio circa la verosimile compatibilità tra i danni lamentati (come spesa necessaria per eliminarli) e il fatto lesivo. Risulta provato, in particolare, che l’acqua sia arrivata, pacificamente, ad una quota di m. 1,60 dal piano di calpestio dei garage, per cui è assolutamente credibile che quanto contenuto nei locali abbia subito danni di un certo rilievo (testi Di. ed altri, i quali hanno dichiarato, il primo, che effettivamente i garage erano pieni d’acqua per un altezza di circa un metro e 60 cm., che rendeva visibile solo il tetto dell’auto; gli altri hanno confermato che gli importi delle fatture prodotte corrispondevano effettivamente ai lavori che si resero necessari a seguito dell’allagamento).

Anche sotto il profilo del quantum la domanda va quindi accolta, nei limiti del petitum; il condominio va pertanto condannato a versare a titolo di risarcimento del danno, in favore di Br.Gi., Ti.An. e Ti.Se., rispettivamente, l’importo di Euro 3.971,00, Euro 9.550,00, ed Euro 13.780,00 oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo.

Spese secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa e respinta, in riforma della impugnata sentenza, così provvede:

1) Condanna il condominio Di., sito in Vasto alla Via (…), in persona dell’amministratore pro tempore, a pagare le somme di 3.971,00 ed interessi legali dalla domanda al saldo in favore di Gi.Br., nonché l’importo di Euro 9.550,00 e interessi legali dalla domanda al saldo a An.Ti. di Euro 3.780,00 in favore di Ti.Se.;

2) condanna il condominio a rimborsare a Br. e Ti.An. le spese di lite, che si liquidano, solidalmente, in complessivi Euro 5.500,00 per il primo grado (di cui Euro 3.200, 00 per onorario) e Euro 3.000,00 per il grado d’appello (di cui Euro 2.000,00 per onorari). Pone a carico definitivo del condominio le spese di CTU.

Così deciso in L’Aquila il 17 luglio 2012.

Depositata in Cancelleria il l’11 ottobre 2012.

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