Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza 20216 del 16 Novembre 2012
Che cosa vuol dire che le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono obbligazioni di mezzo e non di risultato?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NUZZO Laurenza – Presidente
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16930-2006 proposto da:
(OMISSIS) SRL, IN PERSONA DEL PRESIDENTE E LEGALE RAPP.TE P.T. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) SRL;
- intimata -
sul ricorso 21489-2006 proposte da:
(OMISSIS) SRL, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 1922/2005 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata il 16/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/10/2012 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 18-5-2001 il Giudice di Pace di Genova, in accoglimento della domanda proposta dallo (OMISSIS) s.r.l., condannava la (OMISSIS) s.r.l. al pagamento della somma di lire 3.400.000, quale compenso per prestazioni professionali.
La (OMISSIS) s.r.l. proponeva appello avverso tale decisione, esponendo di avere incaricato lo (OMISSIS), verso la fine del 1996, della predisposizione del documento di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 3, comma 1 e 4. L’appellante sosteneva che l’elaborato redatto dallo (OMISSIS) era risultato del tutto inadeguato, non fornendo indicazioni specifiche sui rischi e sulle misure da adottare. A conferma del suo assunto, essa evidenziava che il medico aziendale si era rifiutato di sottoscrivere tale elaborato. Aggiungeva che, a causa dell’inadempimento dell’attore, era stata costretta a rivolgersi ad altro studio per la redazione del documento in parola.
L’appellato si costituiva chiedendo il rigetto del gravame e rilevando, in particolare, che dalla consulenza tecnica d’ufficio emergeva che la relazione sui rischi redatta dallo (OMISSIS) era adeguata.
Con sentenza depositata il 18-4-2005 il Tribunale di Genova accoglieva il gravame, rigettando la domanda formulata dall’attrice e condannando quest’ultima al pagamento delle spese di appello ed alla restituzione delle somme corrisposte dalla convenuta in forza della sentenza di primo grado.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso lo (OMISSIS) s.r.l., sulla base di due motivi.
La (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
Il ricorrente ha resistito al ricorso incidentale con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) In via preliminare, va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ai sensi dell’articolo 335 c.p.c..
2) Con il primo motivo il ricorrente principale lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 2230, 2236 c.c. e dell’articolo 1176 c.c., comma 2, anche in relazione all’articolo 1362 c.c..
Deduce che l’obbligazione professionale non e’ un’obbligazione di risultato, ma di mezzi, e che, pertanto, il mancato raggiungimento del risultato non determina di per se’ l’inadempimento, che consiste invece nell’aver tenuto un comportamento non conforme alla diligenza richiesta. Sostiene che nella specie il giudice di appello non si e’ attenuto a tali principi, in quanto ha attribuito rilevanza decisiva al fatto che il medico aziendale della (OMISSIS) aveva rifiutato di sottoscrivere la documentazione predisposta dallo (OMISSIS), ritenendo in tal modo provato il mancato raggiungimento dell’obiettivo asseritamene prefissato dalla cliente; laddove, ai fini della valutazione dell’inadempimento, si sarebbe dovuto tener conto del grado di diligenza concretamente esigibile in relazione al contenuto della prestazione oggetto dell’incarico professionale. Secondo il ricorrente, inoltre, il giudice del gravame ha erroneamente ritenuto che con il contratto d’opera professionale del dicembre del 16-12-1998 allo (OMISSIS) fosse stata richiesta la redazione del documento di valutazione dei rischi ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4 dovendo al contrario l’attore prestare una mera attivita’ di assistenza e di collaborazione propedeutica a tal fine.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce, in particolare, che il Tribunale ha basato il proprio convincimento circa la negligenza dell’attore esclusivamente sulle valutazioni espresse in sede testimoniale dal dott. (OMISSIS), medico aziendale della (OMISSIS) s.r.l., il quale ha dichiarato di non aver sottoscritto il documento predisposto dallo (OMISSIS). Al contrario, sono state totalmente disattese, senza alcuna confutazione, le opposte considerazioni svolte dal C.T.U..
Con l’unico motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., in relazione alla omessa condanna dello (OMISSIS) alla rifusione delle spese di primo grado.
3) L’eccezione di inammissibilita’ del ricorso principale per mancanza della formulazione del quesito di diritto richiesto dall’articolo 366 bis c.p.c., sollevata dal controricorrente, deve essere disattesa.
Nella specie, infatti, in considerazione della data di pubblicazione della sentenza di appello, non trova applicazione, ratione temporis, la citata norma codicistica, introdotta dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40.
3) I due motivi di ricorso principale, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Secondo una consolidata giurisprudenza di legittimita’, le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attivita’ professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, s’impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato e non a conseguirlo. Ne consegue che l’inadempimento del medesimo non puo’ essere desunto senz’altro dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell’attivita’ professionale ed in particolare al dovere di diligenza, per la valutazione del quale trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall’articolo 1176 c.c., comma 2, il quale deve essere commisurato alla natura dell’attivita’ esercitata (Cass. 13-1-2005 n. 583; Cass. 9-11-2006 n. 23918); sicche’ la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attivita’ e’ quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficolta’, nel qual caso essa e’ attenuata, configurandosi, secondo l’espresso disposto dell’articolo 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave (tra le tante v. Cass. 7-4-2006 n. 8291; Cass. 8-8-2000 n. 10431; Cass. 14-8-1997 n. 7618). La violazione del dovere di diligenza comporta inadempimento contrattuale e determina, in applicazione del principio di cui all’articolo 1460 c.c., la perdita del diritto al compenso (cfr. Cass. 22-10-2007 n. 22087; Cass. 23-4-2002 n. 5928; n. 499 del 2001).
Nella specie, il Tribunale ha ritenuto che dalla “lettura della CTU” e dalle “risultanze istruttorie” emergeva “agevolmente il difetto di diligenza e del necessario livello di competenza professionale messo in evidenza dall’appellato nell’adempiere all’incarico ricevuto”; difetto che, secondo il giudice di appello,, si e’ tradotto nella “sostanziale inutilizzabilita’ della relazione ai fini per cui la stessa era stata commissionata”, e la cui gravita’ e’ “denunziata – se ve ne fosse bisogno – dal significativo rifiuto opposto dal medico aziendale di sottoscrivere il documento elaborato dallo (OMISSIS)”.
Nel pervenire a tali conclusioni, peraltro, il giudice del gravame, pur avendo fatto riferimento al criterio della diligenza, rapportato alla competenza professionale) non ha specificato su quali “risultanze istruttorie” abbia basato il proprio convincimento; ne’ ha richiamato le parti essenziali della relazione di consulenza tecnica d’ufficio, dalle quali, a suo parere, emergeva pacificamente una valutazione negativa circa la prestazione resa dallo (OMISSIS).
Orbene, premesso che, per le ragioni innanzi esposte, l’inadempimento dell’attore non poteva trarsi di per se’ dalla mancata sottoscrizione del documento da parte del medico aziendale, non par dubbio che, ai fini della valutazione della diligenza impiegata nella prestazione, si sarebbe reso necessario un maggiore approfondimento, anche in considerazione dei puntuali rilievi svolti dall’appellato. Come si evince dalla lettura della stessa sentenza impugnata, infatti, nella comparsa di costituzione in appello lo (OMISSIS) aveva dedotto, in particolare, che dall’elaborato redatto dal C.T.U. si evinceva l’adeguatezza della relazione sui rischi da esso redatta, avendo il consulente tecnico dato atto che tale relazione era “molto ampia ed affronta in modo competente le varie tematiche poste e in particolare quelle relative ai fattori di nocivita’ di rischio”.
Tali rilievi non sono stati presi in alcuna considerazione dal Tribunale, il quale ha riformato la sentenza di primo grado senza minimamente preoccuparsi di confutare le argomentazioni svolte dallo (OMISSIS) e di esplicitare il ragionamento seguito nel ritenere sfavorevole all’appellato l’esito della consulenza tecnica d’ufficio.
La motivazione resa, pertanto, si palesa insufficiente e inidonea a fornire un valido supporto argomentativo alla decisione.
Sussiste, infatti, il vizio di motivazione quando il giudice, come nel caso in esame, non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento, rinviando, genericamente e “per relationem”, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, ne’ alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. 20-7-2012 n, 12664).
Di conseguenza, s’impone la cassazione della sentenza impugnata, affinche’ nel giudizio di rinvio si provveda ad emendare le riscontrate carenze motivazionati. Il giudice di rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del presente grado di giudizio.
Il ricorso incidentale, avente ad oggetto l’omessa condanna alle spese del giudizio di primo grado, rimane assorbito.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, assorbito quello ncidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente grado ad altra Sezione del Tribunale di Genova.