Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza 14 agosto 1997 n. 7613
Se l'Amministratore non compie atti di ordinaria amministrazione, il singolo condomino può convenirlo in giudizio?
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Aldo MARCONI Presidente
” Italico Libero TROJA Consigliere
” Gaetano GAROFALO ”
” Franco PAOLELLA ”
” Giandonato NAPOLETANO Rel. ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
JF, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE REGINA MARGHERITA 157, presso lo studio dell’avvocato U. GRAZIANI, difeso dall’avvocato GIORGIO MARINO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
COND (OMISSIS), elettivamente domiciliato inROMA VIA SIRACUSA 16, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARSICO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1806-94 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 22-06-94;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07-03-97 dal Relatore Consigliere Dott. Giandonato NAPOLETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Massimo FEDELI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Felice Joudioux ed Eloisa D’Amico, con atto di citazione notificato il 24 settembre 1986, convennero innanzi al Tribunale di Roma il Condominio di via Casaletto, n.c. 527, in Roma, per sentirlo condannare al ripristino del funzionamento delle serrande di accesso ai boxes delle palazzine A e B facenti parte del complesso condominiale, attraverso le quali si accedeva agli appartamenti dei singoli condomini, adducendo l’urgenza di eseguire tali lavori, di ordinaria amministrazione e, quindi, di competenza dell’amministrazione e, quindi, di competenza dell’amministratore ai sensi dell’art. 1130, n. 3,cod. civ., a causa dei numerosi furti verificatisi su autovetture custodite nei boxes.
Nella contumacia del convenuto, l’adito Tribunale rigettava la domanda e, sul gravame proposto dallo Joudioux, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza in data 24 maggio – 22 giugno 1994, confermò l’impugnata decisione.
La corte del merito, dopo aver negato che fosse necessaria l’integrazione del contraddittorio osservò che, pur non potendosi dubitare della attribuibilità alla competenza dell’amministratore del potere di disporre l’esecuzione di lavori di ordinaria manutenzione, quali erano certamente quelli oggetto della domanda, tuttavia, di fronte all’inerzia dell’amministratore, l’appellante non poteva rivolgersi all’autorità giudiziaria, ma avrebbe dovuto provocare una deliberazione dell’assemblea condominiale, facendone eventualmente oggetto di impugnazione, ove avesse ravvisato vizi di legittimità.
Avverso tale sentenza lo Joudioux propone ricorso per cassazione, sorretto da un unico motivo. Il Condominio resiste con controricorso.
Diritto
Con l’unico mezzo formulato il ricorrente, denunciando violazione e-o falsa applicazione dell’art. 1130 cod. civ., in relazione agli artt. 1133 e 1135 stesso codice, rimprovera ai giudici di appello dia vere erroneamente ritenuto improponibile il ricorso alla tutela giudiziaria, in caso di comportamento omissivo dell’amministratore del condominio, senza il preventivo ricorso all’assemblea condominiale.
Lo Joudioux osserva che l’opinione espressa dalla Corte d’Appello è contrastata dal rilievo che alcuna norma prevede il preventivo ricorso alla assemblea condominiale e che, invece, la interpretazione sistematica della disciplina normativa in materia condominiale conduce a soluzione opposta, poiché, ai sensi dell’art. 1130 cod. civ., lo amministratore ha il potere – dovere di adottare i provvedimenti necessari alla conservazione die beni condominiali e l’art. 1133 cod. civ. prevede la ricorribilità all’assemblea contro i provvedimenti dello amministratore, “senza pregiudizio del ricorso alla autorità giudiziaria”.
Premesso che alcuna doglianza è stata espressa con riferimento alla esclusa esigenza dalla partecipazione della D’Amico al giudizio d’appello, si osserva che la censura è priva di fondamento.
Contrariamente a quel che mostra di ritenere il ricorrente, l’impossibilità, per il condominio, di adire direttamente la autorità giudiziaria per porre rimedio al comportamento inerte dello amministratore di fronte alla richiesta di compiere atti di amministrazione ordinaria, deriva dai principi fondamentali che presiedono alla disciplina condominiale, in particolare dal principio che le scelte relative alla amministrazione del condominio sono riservate alla collettività dei condomini, e sono compiute dagli organi e nelle forme determinate dalla legge.
Poiché non v’è dubbio che gli atti di conservazione dei beni comuni rientrano tra gli atti di amministrazione, non è possibile che il giudice, adito in via contenziosa, decida se un determinato atto di conservazione debba compiersi o non, come esso debba eventualmente compiersi e, quindi, se ed in quali limiti una determinata spesa debba essere sostenuta, poiché, così facendo, il giudice sostituirebbe la propria volontà a quella dei condomini, ai quali soltanto compete il diritto – dovere di concorrere alla amministrazione della cosa comune.
In tal senso hanno avuto modo di pronunciarsi le Sezioni Unite di questa Suprema Corte con la sentenza n. 4213 del 19 luglio 1982, pervenendo alla condivisa conclusione che l’inerzia dello amministratore, che si rifiuti di compiere atti di ordinaria amministrazione, non legittima il singolo condomino a rivolgersi al giudice in via contenziosa, senza aver prima provocata la convocazione della assemblea condominiale.
Con l’ulteriore conseguenza che, ove l’assemblea non sia convocata o manchi la formazione id una volontà maggioritaria ovvero la deliberazione adottata resti ineseguita, il condominio potrà rivolgersi al giudice, non già in sede contenziosa, ma di volontaria giurisdizione, ai sensi dell’art. 1105 cod. civ..
La deliberazione di maggioranza sarà impugnabile davanti al giudice in via contenziosa solo ove risulti lesiva die diritti individuali dei partecipanti dissenzienti o, comunque, sia stata assunta in violazione della legge o del regolamento condominiale.
Tali principi non possono ritenersi contraddetti dalla possibilità, prevista dall’art. 1133 cod. civ., di ricorrere direttamente all’autorità giudiziaria, oltre che all’assemblea, contro i provvedimenti dell’amministratore, poichè è la stessa norma, limitando la possibilità di esercizio di tale facoltà ai casi previsti dall’art. 1137 cod. civ. – che, com’è noto, non consente all’autorità giudiziaria di esercitare il sindacato di merito sulle deliberazioni assembleari – ad escludere che il giudice in sede contenziosa possa sopperire all’inerzia della amministratore nel compiere atti di ordinaria amministrazione.
È, pertanto, evidente che, in forza di detta norma, il ricorso diretto all’autorità giudiziaria contro i provvedimenti dell’amministratore è possibile quando non sia voluto a sollecitare un controllo di merito, dovendosi, in tal caso, seguire l’iter procedimentale dianzi indicato.
Ne deriva, con riferimento al caso in esame, che correttamente la corte del merito ha ritenuto improponibile l’azione esercitata dallo Joudioux, avendo questi, in sostanza, domandato al giudice di sostituirsi all’amministratore, inerte nel compimento di un atto di vera e propria amministrazione, perché implicante la valutazione della necessità o della opportunità di compiere l’atto, anche in rapporto all’entità della spesa necessaria.
Il ricorso va, pertanto, rigettato e, conseguentemente, secondo l’ordinario criterio, il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese processuali relative al presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, a favore del controricorrente, delle spese processuali relative al presente giudizio, che liquida in complessive L. 1.268.550, di cui L. 1.200.000 per onorari.
Così deciso in Roma, addì 7 marzo 1997, nella camera di consiglio della 2 Sezione Civile.