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Federproprietà AbruzzoInnovazioneCassazione Civile, Sezione II, Sentenza 05 novembre 1990 n. 10602

Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza 05 novembre 1990 n. 10602

Cosa si intende per innovazione? Può la Corte di Cassazione stabilire se una modifica della cosa comune rappresenta unìinnovazione?

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. G. Battista D’AVINO Presidente
” Filippo ANGLANI Consigliere
” Franco PAOLELLA Rel. ”
” Antonio VELLA ”
” Roberto MICHELE TRIOLA ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

il Primo (Rg. n. 6279-85):

AP, quale proc.re di Eraldo Pieragnoli; elett. dom. in Roma Via del Corso, 300 presso lo studio dell’avv. Franco Giove; rapp. e difeso dall’avv. Giuliano Staderi per delega in calce al ricorso.

- Ricorrente -

contro

COND. VIA C.

- Intimato -

il Secondo (RG. n. 7468-85) proposto da:

CONDOMINIO DI VIA C, in persona del suo Amm.re Pier Paolo Guidi; elett. dom. in Roma, V.le delle Milizie, 19 presso l’avv. Ornella Manfredini; rapp. e difeso dagli avv.ti Nino Scripelletti e Silvio Marchetti per delega a margine del ricorso incidentale.

- Controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

PIERAGNOLI ALVARADO quale proc.re di Eraldo Pieragnoli.

- Intimati -

per l’annullamento della sentenza della C.A. di Firenze del 21-12-84 – 18-12-85.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30-1-89 dal Cons. Franco Paolella.
Per il ricorrente incidentale è comparso l’avv. N. Scripelletti che ha concluso per l’accoglimento del proprio ricorso.
Udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dr. Mario De Martini che ha concluso per la riunione dei ricorsi, rigetto ricorso principale; assorbimento di quello incidentale.

Fatto

Con atto del 16-6-1977, Pieragnoli Alvarado, quale procuratore “ad negotia” di Pieragnoli Eraldo, premesso che questi era condominio del fabbricato sito in Via Coppo di Marcovaldo 15 Firenze e proprietario, in parte, del lastrico solare di copertura, esponeva che il condominio nell’assemblea del 12 maggio 1977, aveva deliberato di effettuare un lavoro radicale di restauro di detto lastrico, con demolizione totale della pavimentazione e ricostruzione della stessa con “campigiane”; che il disposto rifacimento era inutile, poiché le infiltrazioni d’acqua che avevano motivato la decisione si erano manifestate soltanto in corrispondenza della grondaia; che la scelta del tipo di pavimentazione non spettava al condominio ma al proprietario del lastrico.

Tanto premesso, conveniva in giudizio il Condominio di Via Coppo di Marcovaldo 15, in persona dell’amministratore, davanti al Tribunale di Firenze, per sentir dichiarare illegittima ed inefficace la delibera impugnata.

Costituitosi, il condominio convenuto contestava le pretese attrici, chiedendone il rigetto.

Il Tribunale, previo espletamento di consulenza tecnica ed acquisizioni documentali, con sentenza del 4 maggio 1983 respingeva la domanda.

Impugnava il soccombente, riproponendo, quali ragioni di illegittimità della delibera, sia quella esposta nell’atto introduttivo che quelle introdotte nel corso del giudizio di primo grado, indicate – queste ultime – nel fatto che la delibera aveva riguardato materia non inclusa nell’ordine del giorno ed era stata assunta senza la maggioranza prescritta per le innovazioni dall’art. 1136 comma 5 c.p.c..

Con sentenza del 21 dicembre 1984 – 18 febbraio 1985, la Corte d’Appello di Firenze respingeva il proposto gravame e condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado.

Osservava tra l’altro la Corte, per quanto specificamente interessa il presente giudizio, che la deduzione – come ragione di illegittimità della delibera della mancata adozione della stessa con la maggioranza prescritta per le innovazioni, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, non poteva considerarsi inammissibile, avendo su di essa il convenuto condominio accettato, sia pure indirettamente, il contraddittorio; che tale deduzione doveva però respingersi perché infondata, attesocché con la delibera in questione non era stata decisa alcuna modifica sostanziale del lastrico solare e della sua utilizzazione, inquadrabile tra le “innovazioni” della cosa comune; che dell’asserita proprietà “esclusiva” del lastrico solare, dedotta in primo grado al solo fine di contestare l’opportunità della sostituzione della preesistente pavimentazione in mattonelle di gres con una in “campigiane”, l’appellante non aveva fornito alcuna prova idonea a superare la presunzione di condominialità di detto lastrico discendente dall’art. 1117 cod. civ..

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, il Pieragnoli.

Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo, il Condominio.

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

Preliminarmente, va disposta la riunione dei due ricorsi, principale ed incidentale, siccome proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

Col primo motivo del ricorso principale, denunziando violazione dell’art. 1136 comma 5 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., il ricorrente deduce che erroneamente i giudici di merito non avrebbero ravvisato nella deliberazione assembleare di demolire e ricostruire, con mattonelle di tipo diverso da quelle preesistenti, la pavimentazione del lastrico solare, una decisione implicante una vera e propria innovazione, e perciò esigente la speciale maggioranza prevista dalla norma anzidetta.

Argomentando in tal senso sul rilievo che le opere deliberate non avevano previsto e comportato alcuna modifica sostanziale del lastrico solare e della sua utilizzazione, avrebbero quei giudici omesso di considerare che, secondo un orientamento condiviso dalla più autorevole dottrina e dalla giurisprudenza, deve ritenersi costituire innovazione qualsiasi opera nuova che alteri in tutto o in parte, nella materia o nella forma, nella destinazione di fatto o di diritto, la cosa comune.

Il motivo è manifestamente infondato.

Come la stessa giurisprudenza richiamata dal ricorrente ha avuto modo di precisare, non ogni modifica, nella materia o nella forma, della cosa comune, costituisce “innovazione” in senso tecnico-giuridico, ma solo quelle modifiche (o alterazioni) che non rientrano nei limiti dell’ordinaria conservazione, amministrazione e godimento della cosa medesima (v. sent. nn. 4035 del 21-9-77; 1111 del 14-2-80; 2846 del 7-5-82). Si è altresì precisato (v. sent. n. 5101 del 20-8-86) che la distinzione tra modifica ed innovazione si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, nel senso che per “innovazione” deve intendersi soltanto quella modificazione notevole della cosa comune che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, con esclusione, quindi, delle modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione.

Ciò posto, e premesso che lo stabilire se un’opera integri o meno gli estremi dell’”innovazione”, e comporti quindi ai sensi dell’art. 1120 comma 1 c.c., la necessità della speciale maggioranza di cui all’art. 1136 comma 5 c.c., costituisce un’indagine di fatto riservata al giudice di merito ed insindacabile in cassazione se sostenuta da corretta e congrua motivazione, alle censure svolte col motivo in esame si sottrae la conclusione negativa che simile indagine ha trovato presso i giudici d’appello, relativamente alla decisione dell’assemblea condominiale correlata e contestuale a quella di provvedere al rifacimento dell’impermeabilizzazione del lastrico solare di sostituire alla pavimentazione preesistente (in mattonelle di gres) una pavimentazione di tipo diverso (“Campigiane”). Siffatto convincimento, invero, quei giudici hanno correttamente anche se concisamente motivato sul rilievo, in linea con gli esposti principi, che la deliberata modifica del tipo di pavimentazione non aveva alterato, nella forma e-o nella sostanza, la cosa comune (il lastrico solare), nè aveva negativamente inciso sulla conservazione dell’originaria destinazione e delle possibilità di utilizzazione e godimento della cosa medesima.

Col secondo motivo, denunziando violazione dell’art. 1126 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., il ricorrente deduce che, essendo pacifica in causa, se non la proprietà esclusiva, la disponibilità esclusiva (ad uso esclusivo), in capo al Pieragnoli, di una parte del lastrico solare, l’argomentazione dei giudici d’appello secondo cui la dedotta ragione d’illegittimità della delibera consistente nell’essere stata con essa indebitamente imposta al proprietario esclusivo di detta parte la decisione di mutare il tipo di pavimentazione in essa esistente, non poteva essere presa in considerazione non avendo l’appellante fornito la prova dell’asserita proprietà esclusiva della parte medesima, dovrebbe ritenersi viziata da contraddittorietà o inficiata da un errore nell’interpretazione ed applicazione dell’art. 1126 c.c., stante l’identità del trattamento legale riservato, sia in regime di proprietà esclusiva che di uso esclusivo, a quelle parti od opere del lastrico solare che, come il tipo di pavimentazione, non assolvono la funzione di copertura, ma mirano esclusivamente ad assicurare utilità diverse, in ordine alle quali deve ritenersi inammissibile qualsiasi ingerenza del condominio.

Il motivo non può trovare accoglimento, anche se deve essere corretta – ex art. 384 comma 2 c.p.c. – la motivazione in diritto della statuizione con esso censurata.

La motivazione della sentenza impugnata, pur esente da quei vizi di contraddittorietà che il ricorrente pretende di ravvisarvi (è stato l’appellante a riproporre, a fondamento dell’impugnativa, la tesi della “proprietà esclusiva” di una porzione del lastrico solare), risulta errata in diritto nella parte in cui implica o sottintende l’esistenza di regimi giuridici differenti, quanto ai poteri deliberativi dell’assemblea in tema di riparazione o ricostruzione del lastrico solare nell’ipotesi in cui una parte di esso non sia di uso comune, a seconda che su questa parte esista un diritto di proprietà esclusiva ovvero un diritto di uso esclusivo.

La funzione di copertura degli appartamenti sottostanti cui il lastrico solare assolve, costituisce la ragione e segna, ad un tempo, l’unico limite dei poteri dell’assemblea in ordine alle riparazioni o ricostruzioni del medesimo ed al riporto delle relative spese, nel caso in cui esso sia, in tutto o in parte, sottratto all’uso comune, mentre nessuna rilevanza riveste la natura giuridica del diritto di uso esclusivo, ovverossia il suo carattere reale o personale (v. sent. n. 1501 del 21-5-74 e n. 1618 del 14-2-87).

Nell’ipotesi considerata, invero, l’obbligo dei condomini dell’edificio cui il lastrico solare serve di copertura, di contribuire alle spese di manutenzione e ricostruzione dello stesso, trova fondamento non già nel diritto di proprietà sul lastrico medesimo, ma – come reso palese dal criterio di riparto di dette spese previsto dall’art. 1126 c.c. – nel principio dell’utilità che presiede in materia condominiale, e cioè nella regola generale per la quale i condomini sono tenuti a contribuire alle spese in ragione dell’utilità che la cosa (da riparare o ricostruire) è destinata a dare ai singoli loro appartamenti.

In forza dello stesso principio, i poteri deliberativi dell’assemblea restano – nella medesima ipotesi – circoscritti alle decisioni concernenti la riparazione, ricostruzione e sostituzione di quegli elementi strutturali del lastrico solare che si presentano quali inscindibili componenti del medesimo nella sua funzione di copertura (solaio e relativa impalcatura; manto o guaina impermeabilizzanti; pavimento sovrastante, se ed in quanto destinata a proteggere il manto impermeabile dall’azione degli agenti atmosferici e-o dalle conseguenze del calpestio), senza estendersi alla riparazione o ricostruzione di quegli altri elementi costruttivi e manufatti (parapetti, ringhiere ed altri simili ripari) che servono non già alla copertura dell’edificio ma solo alla praticabilità e maggiore amenità del lastrico solare (o di quella parte di esso) di proprietà o di uso esclusivo di uno o più condomini, ai quali soltanto, quali esclusivi fruitori delle corrispondenti utilità, devono del resto far carico i correlati oneri di spesa (v. sent. n. 2651 del 13-11-61).

Sotto entrambi i profili (ampiezza dei poteri deliberativi dell’assemblea e riparto delle spese) è, quindi, del tutto indifferente che il lastrico solare, o parte di esso, sia sottratto all’uso comune perché di proprietà esclusiva di uno o più condomini oppure perché uno o più condomini abbiano su di esso un diritto (personale) di uso esclusivo.

Pacifica in causa, per quanto si legge nella sentenza impugnata (pag. 8), l’esistenza di un diritto del Pieragnoli all’uso esclusivo di una parte del lastrico solare dell’edificio condominiale, hanno perciò errato i giudici d’appello nel ritenere di non poter prendere in considerazione la dedotta ragione d’illegittimità della delibera assembleare del 12-5-77 consistente nell’essere stata con essa decisa la sostituzione della preesistente pavimentazione (dell’intera superficie del lastrico solare) con latra di tipo diverso, perchè l’appellante non aveva fornito un’idonea prova della vantata “proprietà esclusiva” di detta parte.

Piuttosto, e nei termini corrispondenti deve correggersi ed integrarsi la motivazione della statuizione censurata, una decisiva ed assorbente ragione d’inammissibilità dell’impugnativa della delibera assembleare in questione, andava – come va ravvisata nell’omessa allegazione e dimostrazione, da parte del condomino impugnante, di un proprio interesse a far valere in giudizio l’invalidità di detta delibera.

La deliberazione dell’assemblea condominiale esorbitante dai poteri che alla stessa competono – quale, secondo l’assunto del Pieragnoli, sarebbe nella specie quella, adottata il 12-5-77 dall’assemblea del Condominio di Via C, di modificare il tipo di pavimentazione del lastrico solare anche in quella porzione del medesimo di cui egli ha l’uso esclusivo – è affetta da nullità, deducibile in ogni momento con azione di accertamento.

La legittimazione all’esercizio di siffatta azione, in applicazione del principio generale di cui all’art. 1421 c.c. principio che, dettato specificamente per i contratti, non risulta derogato in tema di comunione e condominio (cfr. sent. n. 4839 del 25-7-80 e sent. n. 3232 del 27-5-82) – compete a qualsiasi condomino che alleghi (e dimostri) di aver interesse all’accertamento della nullità, e cioè che la deliberazione impugnata, se non annullata, gli arrecherebbe un qualche apprezzabile pregiudizio.

Ma in tutto il corso del giudizio di merito – come si evince anche dalla narrativa del processo nella sentenza di secondo grado il Pieragnoli non si è minimamente curato di indicare quale concreto pregiudizio, quale lesione della propria sfera giuridica gli avrebbe mai cagionato la delibera impugnata, nella parte concretatasi nella decisione dell’assemblea, correlata e conseguente a quella del rifacimento del manto impermeabile del lastrico solare (previo smantellamento della sovrastante pavimentazione), di adottare un tipo di mattonato diverso da quello preesistente, e ciò per tutta l’estensione del lastrico medesimo, compresa la porzione di cui esso condomino ha l’uso esclusivo.

Il ricorrente si è limitato a prospettare, quale ragione d’illegittimità della delibera impugnata, l’indebita ingerenza che con la scelta di un diverso “tipo” di pavimentazione l’organo condominiale avrebbe esercitato nella sfera delle sue facoltà di titolare di un diritto di uso esclusivo di una parte del lastrico solare. Senonchè, non integrata da una qualsiasi indicazione od allegazione della natura e delle specie delle conseguenze pregiudizievoli che da siffatta “scelta” sarebbero derivate (al deducente), tale prospettazione fa risultare l’azione (di nullità) proposta esclusivamente per un fine generale di attuazione della legge, e non, com’è indispensabile perché sorga per il giudice l’obbligo di pronunziare nel merito, per evitare una lesione attuale della sfera giuridica propria del soggetto che agisce.

Dal rigetto del ricorso principale resta assorbito quello incidentale.

Ricorrono giusti motivi di compensazione delle spese di questo procedimento.

P.Q.M.

La Corte: riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; compensa tra le parti le spese di questo procedimento.

Così deciso in Roma il 30-1-89.

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