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Federproprietà AbruzzoComodato d'usoCorte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza 9 aprile 2013, n. 8590

Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza 9 aprile 2013, n. 8590

Con quali azioni giudiziarie può il comodante rientrare in possesso della cosa concessa in comodato? Con quali controindicazioni?

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere
Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4777/2007 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), considerato domiciliato “ex lege” in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) con studio in (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale del Dott. Notaio (OMISSIS) in (OMISSIS);

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 943/2006 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 16/10/2006, R.G.N. 182/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso, in subordine per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione ritualmente notificata (OMISSIS), premesso di essere proprietario di un’autorimessa posta al piano interrato del fabbricato sito in (OMISSIS), data in prestito a (OMISSIS) e (OMISSIS) perche’ l’utilizzassero come deposito in occasione di un trasloco, esponeva che, terminate le operazioni di trasloco, l’autorimessa non gli era stata piu’ rilasciata. Cio’ premesso, conveniva in giudizio il (OMISSIS) e la (OMISSIS) perche’ fossero condannati all’immediato rilascio del bene. In esito al giudizio, in cui si costituivano i convenuti deducendo di aver stipulato con l’attore un preliminare di compravendita di una villetta a schiera e di due autorimesse e chiedendo in via riconvenzionale la pronuncia di sentenza costitutiva ex articolo 2932 c.c., il Tribunale adito condannava i convenuti a rilasciare l’autorimessa, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale ex articolo 2932 c.c., condannava i convenuti alla rifusione delle spese.

Avverso tale decisione (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello ed, in esito al giudizio, la Corte di Appello di Brescia con sentenza depositata in data 16 ottobre 2006, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda dello (OMISSIS) e lo condannava a rifondere in favore degli appellanti le spese del doppio grado. Avverso la detta sentenza il soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Resistono con controricorso il (OMISSIS) e la (OMISSIS), i quali hanno depositato altresi’ scrittura privata autenticata contenente la nomina di un nuovo difensore nonche’ memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 329 c.p.c., comma 2, articolo 542 c.p.c., nonche’ l’omessa motivazione, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello trascurato che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di rilascio non solo sotto il profilo della cessazione del comodato ma anche sotto il profilo dell’occupazione senza titolo mentre gli appellanti avevano impugnato la decisione per vizio di ultrapetizione, per non aver l’attore esercitato l’azione reale per la quale il giudice di primo grado aveva accolto la domanda. Il motivo pertanto era privo di specificita’. Cio’ posto, fondandosi la decisione su piu’ ragioni autonome, non tutte impugnate, l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile.

La censura e’ infondata. Al riguardo, al fine di inquadrare con maggiore chiarezza i termini della controversia, torna opportuno premettere che, come risulta dalla sentenza di primo grado, lo (OMISSIS), premesso di essere proprietario di un’autorimessa, posta al piano interrato del fabbricato sito in (OMISSIS), che gli era stata chiesta in prestito da (OMISSIS) e (OMISSIS) per utilizzarla come deposito in occasione di un trasloco, esponeva in citazione che, terminate le operazioni di trasloco, l’autorimessa non gli era stata piu’ restituita. Cio’ posto, chiedeva che il (OMISSIS) e la (OMISSIS) fossero condannati all’immediato rilascio, in suo favore, dell’autorimessa ricevuta in prestito (vedi pag. 4 della sentenza di primo grado).

Sulla scorta di tale rappresentazione dei fatti, non vi e’ dubbio quindi che l’azione proposta dallo (OMISSIS) andasse inquadrata nell’ambito della previsione normativa di cui all’articolo 1803 c.c., fondandosi la causa petendi su un pregresso contratto di comodato, che sarebbe intercorso tra le parti, ed il petitum sul diritto alla restituzione del bene consegnato, conseguente all’asserita estinzione di detto contratto.

Fatto sta che il giudice di primo grado, dando credito alla tesi dei convenuti, i quali avevano negato che il bene fosse stato loro dato in comodato dall’attore (v. pag. 9 della sentenza), ha condannato i convenuti a rilasciare l’immobile a favore dell’attore in quanto era pacifico tra le parti che quest’ultimo fosse proprietario dell’autorimessa ed in quanto i convenuti, che non avevano contestato il diritto di proprieta’ dell’attore, non avevano dato prova dell’esistenza di un titolo tale da giustificare la loro permanenza nella detenzione della cosa (cfr. pag. 8 della sentenza).

Da cio’ la decisione della Corte d’Appello, la quale, premesso che l’attore non aveva esercitato l’azione reale per la quale il primo giudice aveva accolto la domanda, ha ritenuto configurabile il vizio di extrapetizione ed ha concluso per l’erroneita’ della sentenza impugnata per aver “accolto la domanda opinando di poter sostituire d’ufficio la causa petendi affidata al contraddittorio e fondata su di un rapporto obbligatorio, con la situazione dell’immobile dal punto di vista dei diritti reali”.

Ora, il ricorrente deduce che la Corte di merito avrebbe trascurato che la decisione appellata aveva accolto la domanda di rilascio del bene non solo sotto il profilo reale (occupazione senza titolo) ma anche sotto il profilo contrattuale (cessazione del comodato) e che gli appellanti non avevano impugnato la decisione anche con riferimento alla seconda ratio decidendi, onde l’inammissibilita’ dell’intero appello.

La tesi e’ assolutamente infondata. Ed invero, l’orientamento giurisprudenziale richiamato dal ricorrente richiede indispensabilmente che la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due o piu’ “rationes decidendi”, le quali siano diverse tra loro ed idonee, ciascuna di esse, a giustificarne autonomamente le statuizioni. In tal caso, la circostanza che l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse determina una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla ragione della decisione non criticata dall’impugnazione, e’ passata in cosa giudicata e desumere, pertanto, che l’impugnazione non e’ ammissibile per l’esistenza del giudicato.

Occorre pertanto che la ratio decidendi, per essere tale e rivestire adeguatamente tale funzione, sia di per se’ sola idonea a sorreggere la decisione, il che postula necessariamente che sia espressa dal giudice in termini di rigorosa certezza, in quanto fondata su concrete e verificate risultanze processuali, e non consista quindi in una argomentazione svolta “ad abundantiam” o addirittura resa in forma meramente ipotetica, come e’ invece avvenuto nella specie.

Ed invero, come risulta dalla lettura della sentenza di primo grado, il giudice di prime cure, accenna all’esistenza del contratto di comodato intercorso tra le parti in termini di mera eventualita’. E cio’, dopo aver evidenziato che gli stessi convenuti avevano negato che l’autorimessa fosse stata data loro in comodato, ed utilizzando l’ipotesi dell’eventuale contratto, comunque cessato, come mero argomento dialettico per escludere che i convenuti potessero vantare alcun titolo legittimante l’occupazione dell’autorimessa. Ne deriva il rigetto del motivo di impugnazione.

Passando all’esame dei due successivi motivi di impugnazione, deve osservarsi che con la seconda doglianza, svolta per violazione dell’articolo 2697 c.c., il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver il giudice di appello erroneamente ritenuto che incombesse all’attore dar prova del comodato.

Inoltre – il rilievo sostanzia l’ultima doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., articoli 1809, 1810 e 2697 c.c., nonche’ sotto il profilo della motivazione insufficiente e contraddittoria – la Corte di Appello avrebbe omesso di motivare sulle ragioni per cui dalla deposizione del teste (OMISSIS) non si ricaverebbe la prova del comodato. Infine, avrebbe reso una motivazione contraddittoria affermando da un lato la necessita’ che spettava all’attore dar prova del comodato ed omettendo di esaminare dall’altro le risultanze della prova orale assunta e la documentazione versata dall’attore.

I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono entrambi inammissibili.

Cio’, per difetto di correlazione con la ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata – ripetesi – sul seguente duplice rilievo: 1) che “l’attore aveva esplicitamente titolato la pretesa con riferimento all’obbligo, contrattualmente pattuito e per contratto assunto, di rilasciare l’immobile al venir meno delle esigenze temporanee per il cui soddisfacimento il comodato era stato stipulato”. 2) che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda “opinando di poter sostituire d’ufficio la causa petendi affidata al contraddittorio e fondata su di un rapporto obbligatorio con la situazione dell’immobile dal punto di vista dei diritti reali”.

La ragione della decisione di secondo grado si basa pertanto sulla ritenuta sussistenza della violazione, da parte del primo giudice, del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non avendo l’attore in prime cure esercitato l’azione reale per la quale invece il Tribunale di Bergamo aveva accolto la domanda.

Tutto cio’ considerato, appare evidente come le censure proposte eludano il punto nodale della pronunzia e non siano correlate con la ratio decidendi della decisione impugnata, contrapponendosi a mere argomentazioni rese per incidens dalla Corte di merito e difettando della necessaria specificita’, attesa la non riferibilita’ delle censure alle ragioni fondamentali della sentenza d’appello, tentando in tal modo di riaprire il dibattito su un tema, l’esistenza del contratto di comodato, escluso dal giudice di prime cure, non riproposto ritualmente nel tema decisionale d’appello e trattato dalla Corte di merito solo ad abundantiam.

Ed e’ appena il caso di osservare che le ragioni di gravame, per risultare idonee a contrastare la sentenza impugnata, devono correlarsi con la stessa, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata risultino contrapposte quelle dell’impugnante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in complessivi euro 2.200,00 di cui euro 2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge, ed euro 200,00 per esborsi.

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