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Federproprietà AbruzzoComunione giurisprudenza LocazioneCassazione Civile, Sezione III, Sentenza 22 giugno 2009 n. 14530

Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 22 giugno 2009 n. 14530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PREDEN Roberto – Presidente - Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere - Dott. CHIARINI Maria Margherita – […]

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente -
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere -
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere -
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere -
Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10618/2004 proposto da:

D.V.A., V.B., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA G. MAZZINI 142, presso lo studio dell’avvocato IAONNUCCI MATTIA, rappresentate e difese dall’avvocato PAPA NERI Francesco giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

D.P.A., D.P.C., L.M.L.F., I.R., I.A., I.N., D.P. M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI 95, presso lo studio dell’avvocato DE MAJO GIOVANNI, rappresentati e difesi dall’avvocato DE MAJO Vincenzo giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrenti -

contro

V.M.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 2817/2003 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, Sezione Terza Civile, emessa il 9.10.2003, depositata il 06/11/2003,R.G. 4995/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 20/02/2009 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso del 19.2.1996 D.P.M., A., M. S., Ma. e C., unitamente a L.M.L. F., quest’ultima anche per conto del germano L.M. D., esponevano: di essere locatori di un locale condotto da G.G.; che quest’ultimo aveva ceduto l’azienda a tale V.B.; che la cessione era stata comunicata dalla V.B. a D.P.M.; che dalla data della cessione dell’azienda V.B. non aveva provveduto al pagamento dei canoni mensili.

Tanto premesso, si ricorda che a D.P.R. (locatrice del locale de quo a favore di G.G.) succedevano gli eredi che si costituivano in giudizio ed intimavano sfratto per morosità a V.B. imputandole di non aver pagato i canoni dalla data di cessione dell’azienda. Veniva quindi chiamata in causa D.V. A. alla quale l’attività era stata intanto ceduta.

Il contraddittorio non venne integrato nei confronti di V. B., coerede di D.P.M.M., originaria locatrice del negozio.

Costituitasi in giudizio la V.B. eccepiva l’irritualità della richiesta di convalida in quanto avanzata con ricorso e deduceva nel merito che all’atto della cessione dell’azienda il G.G. era giunto ad un accordo con V.M., costruttore del fabbricato del quale faceva parte il fondo locato e in favore del quale era stata emessa ordinanza di reintegra nel possesso dell’immobile nei confronti della locatrice e del conduttore. In forza di tale ordinanza il V.M. avrebbe consentito al G.G. la permanenza nel locale dietro corrispettivo di Euro 723,04 mensili che dovevano intendersi quale canone di locazione versato direttamente al V.M..

Sosteneva la V.B. che i ricorrenti erano a conoscenza dell’accordo perchè debitori del V.M.; di aver continuato a pagare a quest’ultimo il canone di locazione mediante la fornitura di generi alimentari; che in relazione al diritto a percepire il canone di locazione doveva ritenersi avvenuta una cessione di credito in favore del V.M. da parte dei ricorrenti.

La V.B. spiegava altresì domanda riconvenzionale per ottenere la declaratoria di nullità del contratto di locazione per mancanza di un elemento essenziale (la concessione del godimento del bene locato) nonchè la pronunzia di risoluzione del contratto di locazione per il grave inadempimento dei locatori evidenziatosi a seguito dell’ordinanza con la quale il V.M. veniva immesso nel possesso del locale.

Disposta la chiamata in causa del V.M., questi eccepiva che le somma da lui ricevute erano state incassate a titolo di risarcimento danni collegati all’occupazione abusiva del locale da parte del G.G. nel periodo in cui erano ancora in corso i lavori di costruzione. Nel giudizio interveniva anche D.V. A. che nelle more era divenuta cessionaria dell’azienda a seguito di contratto concluso l’(OMISSIS). La D.V.A., chiamata in causa dai ricorrenti, faceva proprie tutte le deduzioni e richieste proposte dalla V.B..

Con sentenza del 13.9.2002 il Tribunale di Avellino, riconosciuto l’inadempimento delle convenute relativamente al mancato pagamento del canone di locazione, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione e di conseguenza rigettava le domande delle stesse volte ad ottenere l’accertamento dell’esistenza di un contratto di locazione con il V.M.; la condanna di quest’ultimo alla restituzione delle somme versategli a titolo di canoni di locazione; la declaratoria di nullità del contratto di locazione del (OMISSIS) nonchè la risoluzione dello stesso contratto per inadempimento del locatore.

Proponevano appello V.B. e D.V.A. deducendo che il giudice di primo grado aveva errato nel ritenere non configurabile nella fattispecie la cessione del credito relativo ai canoni dai D.P. al V.M. e nell’escludere la sussistenza di un contratto di locazione V.B.- V.M. in luogo di quello erroneamente ritenuto fra D.P. e V. B..

La Corte d’Appello di Napoli rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata. Condannava gli appellanti alle spese processuali in favore degli appellati.

Proponevano ricorso per cassazione D.V.A. e V. B..

Resistevano con controricorso D.P.M., A. e C., unitamente a L.M.L.F. anche per conto del germano L.M.D. nonchè R., A. e I.N. questi ultimi quali eredi di D.P.S..

Diritto

Con il primo ed unico motivo parte ricorrente denuncia “Violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; art. 102 c.p.c.”.

La Corte d’Appello afferma che va in via preliminare esaminata l’eccezione di difetto di contraddittorio sollevata dagli appellanti con riferimento alla mancata partecipazione al giudizio di D.P. M.M. indicata come litisconsorte necessaria.

Riguardo a tale problema sostiene parte ricorrente che D.P. M.M. non è affatto “una delle locatrici”, ma uno degli eredi della locatrice originaria. Di conseguenza, non avendo partecipato al contratto di locazione quale comunista del bene che ne era oggetto non può essere applicato alla fattispecie il principio di diritto invocato dal giudice d’appello secondo il quale la situazione di comunione fa presumere una sorta di delega implicita di uno o più locatori agli altri locatori che hanno assunto una siffatta iniziativa.

Ritiene invece parte ricorrente che nel caso di morte del locatore il contratto di locazione si frammenta in una serie di rapporti distinti facenti capo ai singoli coeredi talchè alcuni di essi non possono agire separatamente dagli altri senza l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti.

La tesi non è condivisibile.

La successione del locatore infatti comporta solo una modifica soggettiva del rapporto di locazione con il subentro degli eredi nella posizione del locatore e la fattispecie in esame va equiparata alla originaria locazione di più comproprietari nella quale ciascuno può locare ed agire per il rilascio.

In tal senso si legge in giurisprudenza che qualora in un contratto di locazione la parte locatrice sia costituita da più locatori ciascuno di essi è tenuto nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, sicchè, conformemente al principio stabilito dall’art. 1294 c.c., le obbligazioni che ad essi fanno capo sono unificate dal vincolo della solidarietà che non determina però la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non da luogo a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati. (Cass., 29 maggio 1995, n. 6019;

Cass., 3 luglio 1989, n. 3175; Cass., 21 gennaio 1989, n. 350; Cass., 3 luglio 1989, n. 3174).

Si è parimenti affermato che non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario che imponga l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini nel caso di locazione concessa da parte del condomino di un immobile il quale non è legittimato ad agire senza il consenso degli altri condomini contro il conduttore per ottenere il rilascio dell’immobile comune per la propria urgente ed improrogabile necessità di destinarlo ad uso di abitazione (Cass., 17 dicembre 1986, n. 7625; Cass., 17 gennaio 1983, n. 357).

Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato e le spese vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti alle spese del giudizio di Cassazione che liquida in complessivi Euro 2.100,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2009.

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