Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 24 luglio 2007 n. 16321
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIDUCCIA Gaetano – Presidente - Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Consigliere - Dott. TRIFONE Francesco […]
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDUCCIA Gaetano – Presidente -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Consigliere -
Dott. TRIFONE Francesco – rel. Consigliere -
Dott. TALEVI Alberto – Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.E., elettivamente domiciliata in ROMA VIA VITTORIA COLONNA 18, presso lo studio dell’avvocato BENIGNI ELIO, che la difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI AVELLINO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 2786/02 della Corte d’Appello di NAPOLI, terza sezione civile, emessa il 20/09/02, depositata il 1/10/02, R.G. 78/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/07 dal Consigliere Dott. Francesco TRIFONE;
udito l’Avvocato Elio BENIGNI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 1 giugno 2000 M.E., premesso che aveva concesso in locazione al Comune di Avellino un immobile di sua proprietà destinato ad uso scolastico per la durata di nove anni al canone mensile di L. 902.000, oltre aggiornamento Istat e che l’ente pubblico aveva riconsegnato l’immobile, senza provvedere ad eseguirne li ripristino e la riparazione e non aveva corrisposto l’aggiornamento del corrispettivo per il periodo dal 1 gennaio 1985 al 31 dicembre 1989 in ragione del complessivo importo di L. 38.151.576, conveniva in giudizio il Comune conduttore per ottenerne la condanna al pagamento della suddetta somma.
Il costituito comune di Avellino contrastava la domanda, deducendo che l’aggiornamento non era dovuto, poichè il conduttore non ne aveva fatto richiesta.
Il tribunale di Avellino in formazione monocratica accoglieva in parte la domanda e condannava il Comune a pagare la somma di L. 12.647.472 ed i due terzi delle spese processuali, ritenendo che per il periodo successivo alla scadenza del contratto in corso e nonostante l’avvenuta rinnovazione della locazione, sarebbe stata necessaria la preventiva richiesta di aggiornamento del locatore, dovendo farsi applicazione della norma di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 32, quale novellata dalla successiva L. n. 118 del 1985, art. 1.
Sulla impugnazione di M.E. provvedeva la Corte d’appello di Napoli con la sentenza pubblicata il 1 ottobre 2002, che rigettava l’appello e compensava interamente le spese del grado.
In particolare, in ordine alla questione relativa all’applicabilità della norma dell’art. 32 nel testo modificato dalla L. n. 118 del 1986, i giudici dell’appello consideravano che, essendo intervenuta la rinnovazione della locazione, il rapporto così rinnovato mediante la manifestazione di tacito consenso delle parti dopo l’entrata in vigore della predetta L. n. 118 del 1985 restava disciplinato dalla sopravvenuta regolamentazione, che subordinava la spettanza dell’aggiornamento alla preventiva richiesta del locatore, che nella specie non era stata effettuata.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.E., la quale ha affidato l’accoglimento dell’impugnazione a quattro motivi.
Non ha svolto difese l’intimato comune di Avellino.
All’udienza odierna la ricorrente ha presentato osservazioni scritte (art. 379 c.p.c., uu.c.) alle conclusioni del Pubblico Ministero.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 112, 345 e 347 c.p.c. nonchè la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – il ricorrente denuncia che la Corte d’appello, in assenza di specifiche eccezioni sul punto, non avrebbe dovuto modificare la statuizione di primo grado circa la automaticità del rinnovo contrattuale con la diversa statuizione della avvenuta rinnovazione tacita codicistica ex art. 1597 c.c. nonchè la impossibilità per la Pubblica Amministrazione di manifestare validamente la volontà di stipulare il contratto.
Aggiunge che il giudice d’appello non avrebbe nemmeno preso atto che da parte del Comune appellato vi era stato riconoscimento del suo credito per maggiorazioni non corrisposte del canone relativamente all’ultimo periodo della locazione, sia pure sulla base del corrispettivo precedentemente maturato, secondo quanto il tribunale aveva accertato.
Nessuna delle due censure – relative, rispettivamente, alla sussistenza del giudicato sull’avvenuta rinnovazione della locazione alla sua prima scadenza in difetto di motivata disdetta secondo la ipotesi disciplinata dalla Legge sull’equo canone, artt. 27 e 28 ed all’avvenuto riconoscimento da parte del Comune del diritto del locatore all’aggiornamento del canone secondo la disciplina dell’art. 32 nel testo anteriore a quello modificato dalla L. n. 118 del 1986 – può essere accolta.
Non la prima, poichè la sentenza di secondo grado ha escluso proprio la suddetta ipotesi di rinnovazione, per ritenere, invece, l’operatività della rinnovazione tacita codicistica ai sensi della norma di cui all’art. 1597 c.c., siccome è dato cogliere dalla sentenza impugnata secondo l’equivoca motivazione per la quale vi sarebbe stato un “nuovo contratto” di locazione “rinnovato mediante la manifestazione di un nuovo tacito consenso dopo l’entrata in vigore della L. n. 118 del 1985″, che restava da questo disciplinato.
Non la seconda, perchè essa è generica per difetto di autosufficienza, in quanto la parte ricorrente non indica secondo quali modalità ed in quale atto del processo il preteso riconoscimento sarebbe avvenuto.
Con il secondo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1597 e 1572 c.c. della L. n. 392 del 1978, artt. 27, 28, 29, e 42, artt. 112, 345 e 347 c.p.c. nonchè la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – il ricorrente critica l’impugnata sentenza nella parte in cui il giudice di secondo grado ha ritenuto che, nella specie, si era verificata la rinnovazione tacita della locazione ai sensi dell’art. 1597 c.c..
Sostiene che, in virtù della richiamata disciplina della Legge sull’equo canone (applicabile anche alle locazioni di cui all’art. 42 della Legge cit., nelle quali è parte la Pubblica Amministrazione) si sarebbe dovuto, invece, ritenere applicabile l’istituto della rinnovazione del rapporto alla sua prima scadenza, a nulla rilevando in contrario che trattavasi di locazione della durata di nove anni.
Il motivo è fondato.
Questo giudice di legittimità (ex plurimis: Cass., n. 14808/2004; Cass., n. 7246/94; Cass., n. 12167/91) ha stabilito che l’operatività del meccanismo della rinnovazione tacita del contratto di locazione, previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 28, non è incompatibile col principio secondo il quale la volontà della Pubblica Amministrazione deve essere necessariamente manifestata in forma scritta e che, dunque, non è corretta la conclusione che i contratti di locazione, in cui siano conduttori lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali, si sciolgano, in tal caso, senza necessità di disdetta una volta che siano pervenuti alla loro scadenza.
E’ stato, infatti, precisato che bisogna distinguere l’ipotesi in cui la rinnovazione del rapporto consegue al modello di cui all’art. 1597 c.c. che non è operante quando la parte sia la Pubblica Amministrazione, dalla diversa ipotesi disciplinata dalla L. n. 392 del 1978, artt. 28 e 29 che, accordando al conduttore la tutela privilegiata in termini di durata del rapporto, è applicabile anche alle locazioni previste dall’art. 42 della citata Legge, in cui siano conduttori lo Stato o gli altri enti pubblici territoriali previsti.
In questa diversa seconda ipotesi la protrazione del rapporto alla sua prima scadenza per un ulteriore periodo non è l’effetto di una tacita manifestazione di volontà (successiva alla stipulazione del contratto e che la legge presume in virtù di un comportamento concludente), ma deriva direttamente dalla legge, che rende irrilevante la disdetta del locatore quando essa non sia basata su una delle giuste cause specificamente indicate dall’art. 29 quali motivi legittimi di diniego della rinnovazione.
Con il terzo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 32 (nel testo previgente rispetto alla novella di cui alla L. n. 118 del 1985) nonchè la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – il ricorrente denuncia che la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere che il contratto, automaticamente rinnovato al termine dell’originaria scadenza per effetto del mancato esercizio da parte del locatore del diniego motivato della sua rinnovazione, restava regolato comunque, quanto ad aggiornamento del canone, dalla disciplina di cui all’art. 32 vecchio testo.
Anche questa censura è fondata ed in proposito soccorre ancora la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, che, sulla questione della disciplina in tema di aggiornamento del corrispettivo applicabile ai contratti in corso ad uso diverso dall’abitazione dopo la modifica introdotta alla Legge sull’equo canone, art. 32 ha già stabilito (Cass., n. 5615/94) che, se all’atto della stipulazione della locazione a tempo determinato è stata pattuita la rinnovazione tacita del rapporto in mancanza di disdetta anteriore alla scadenza e tale disdetta è mancata, il rapporto deve considerarsi disciplinato dalle clausole del contratto originario, con la conseguenza che se questo prevedeva la possibilità di aggiornamento automatico del canone con cadenza biennale, secondo la disciplina della L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 32 nel testo anteriore alla modifica introdotta dal D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9 sexies, convertito in L. 5 aprile 1985, n. 118, il rapporto rimane regolato da tale clausola, anche dopo l’entrata in vigore del citato D.L. n. 12 del 1985 e della relativa legge di conversione, che, con la disposizione di modifica della Legge sull’equo canone, art. 32 prevedendo la possibilità per il locatore di chiedere l’aggiornamento annuale (invece che biennale) del canone locativo, ma al contempo subordinando tale aggiornamento alla richiesta del locatore, non ha affatto introdotto una disposizione complessivamente più favorevole per il conduttore, nè può essere invocata da quest’ultimo solo per la parte a lui più favorevole.
La suddetta regola di diritto, che questo Collegio senz’altro ritiene di dovere ribadire, è predicabile anche nella ipotesi di specie, nella quale la rinnovazione non è derivata per effetto di specifica clausola pattizia di protrazione del rapporto in caso di omessa disdetta, ma ha costituito la conseguenza della riferibilità anche alle locazioni di cui alla Legge sull’equo canone, art. 42 della disciplina dell’automatica rinnovazione alla prima scadenza in assenza del diniego motivato del locatore (art. 28 della stessa legge), secondo il principio ormai pacifico di Cass., SU., n. 6227 del 1997.
Evidente, infatti, è la identità di ratio nelle due ipotesi di automatica rinnovazione, giacchè per entrambe (quella pattizia e quella legale inderogabile), secondo statuizione altrettanto scontata nella giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass., n. 4658/88), la locazione così rinnovata rimane disciplinata dal contratto originario, che continua a costituirne il fattore genetico.
La fondatezza del ricorso, nei motivi accolti, comporta l’assorbimento del quarto mezzo di doglianza (il cui esame il ricorrente aveva espressamente subordinato al mancato accoglimento delle censura relativa all’operatività della rinnovazione alla prima scadenza anche per le locazioni in cui sia conduttore la Pubblica Amministrazione), e la conseguente cassazione della sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, cui è rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di cassazione (art. 385 c.p.c., comma 3).
Il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto:
“Al contratto di locazione di immobile destinato ad uno diverso dall’abitazione, del quale sia conduttore le Stato o altro ente pubblico territoriale ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 42, si applica, per il periodo di rinnovazione automatica del rapporto alla sua prima scadenza ai sensi dell’art. 28 Legge cit., la disciplina delle clausole del contratto originario, con la conseguenza che, se questo prevedeva la possibilità di aggiornamento automatico del canone con cadenza biennale (secondo la disciplina della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 32, nel testo anteriore alla modifica introdotta dall’art. 1.9 sexies del D.L. 7 febbraio 1985 n. 12 convertito in L. 5 aprile 1985, n. 118), il rapporto rimane regolato da tale clausola, anche dopo l’entrata in vigore del citato D.L. n. 12 del 1985 e della relativa Legge di conversione, che, con la disposizione di modifica della Legge sull’equo canone, art. 32 laddove prevede la possibilità per il locatore di chiedere l’aggiornamento annuale (invece che biennale) del canone locativo e detta possibilità si subordina alla richiesta del locatore – non ha introdotto una disposizione complessivamente più favorevole per il conduttore”.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, ne accoglie il secondo ed il terzo e dichiara assorbito il quarto motivo; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2007.