Tribunale Trento Civile, Sentenza del 25 maggio 2011, n. 363
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI TRENTO SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Trento, in persona del Giudice Istruttore Dott.ssa Simona Caterbi in funzione di Giudice Unico, ha […]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TRENTO
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Trento, in persona del Giudice Istruttore Dott.ssa Simona Caterbi in funzione di Giudice Unico, ha abitativa pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile promossa da:
De.Ri. Rappresentata e difesa dall’Avv.to Ka.Fu. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Trento, via (…), giusta procura a margine dell’atto di citazione per intimazione
- Ricorrente -
contro
Ca. S.r.l. In persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv.to Ez.An. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Trento, via (…), giusta mandato a margine della comparsa di riposta
- Resistente -
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, De.Ri., premesso di essere proprietaria di immobile sito in Trento, via (…); che detto immobile veniva locato, per uso non abitativo, in data 10.10.2004, alla società la Fe. S.a.s., la quale successivamente cedeva il ramo di azienda alla Ca. S.r.l. che così subentrava nel rapporto locatizio; che nel contratto veniva previsto un canone inferiore per i primi quattro anni di locazione, e maggiorato a partire dal quarto anno; che controparte non aveva versato alcuni canoni, né la metà delle spese di registro; che era stata già escussa la fideiussione prestata, ma permaneva un credito;
conveniva la società in giudizio per la convalida dello sfratto per morosità.
All’udienza fissata compariva la convenuta la quale non contestava il mancato pagamento così come dedotto da controparte; rilevava, peraltro, la nullità della clausola ex art. 79 l. 392/78, con conseguente credito per maggiori canoni versati, in misura superiore al credito di controparte, che opponeva in compensazione. Disposta la conversione del rito con termine per il deposito di memorie integrative; veniva immediatamente fissata udienza per la discussione trattandosi di causa documentale e vertente su questione di puro diritto.
La domanda di risoluzione del contratto per inadempimento è fondata e come tale va accolta.
La doglianza relativa alla legittimità, o meno, della clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati, diversi e indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere d’acquisto della moneta, con riferimento all’art. 79 legge 392/78, è stata da tempo affrontata dalla Suprema Corte, la quale ha avuto modo di statuire che, la stessa va considerata lecita, salvo che non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria.
“Per effetto del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, risulta legittima la clausola con cui si convenga una determinazione del canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, ancorata, infine, ad elementi predeterminati (idonei ad influire sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di acquisto della moneta), a meno che non risulti una sottostante volontà delle parti volta, in realtà, a perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo, così, i limiti quantitativi posti dall’art. 32 della legge cosiddetta “sull’equo canone” (sia nella formulazione originaria che in quella novellata dall’art. 1 comma nono, sexies, della legge n. 118 del 1985), ed incorrendo, conseguentemente, nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79 della legge predetta” (Cass. Civ., sez. III, 5.3.2009, n. 5349).
Trasportando il principio predetto al caso di specie si rileva che in sede di contratto di locazione le parti pattuivano un canone ridotto per i primi tre anni di locazione “onde venire incontro alle esigenze del conduttore” indi, un canone maggiorato di Euro 400,00 mensili a partire deal quarto anno.
La ratio della previsione di cui all’art. 79, secondo la quale, “E’ nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”, si individua nella necessità di evitare che il locatore, che si trova in condizione di superiorità rispetto al conduttore, avanzi, nel corso del rapporto locatizio, pretese superiori rispetto a quelle inizialmente pattuite.
Nulla peraltro vieta che le partì, in sede di stipula del contratto, ove tale vincolo non sussiste, ed in virtù della libertà di determinazione del canone, predeterminino l’importo dello stesso in misura variabile, e se del caso crescente, di anno in anno.
Si ritiene, infatti, che nelle locazioni ad uso non abitativo non operino, quanto meno all’atto della conclusione del contratto, le esigenze di tutela del conduttore che sole giustificano l’imposizione di limiti alla facoltà del proprietario di richiedere il canone ritenuto più remunerativo. E ciò trova spiegazione nel fatto che la situazione del mercato in questo settore, e la natura commerciale o professionale degli interessi perseguiti dal conduttore, fanno si che le parti si vengano a trovare in posizione di sufficiente parità di forze e siano entrambe in grado di difendere adeguatamente i propri interessi, scegliendo liberamente se concludere o non concludere il contratto, in relazione ai sacrifici ed ai vantaggi che ne conseguono. Né vi sono indicazioni normative o principi di logica interpretativa che inducano a ritenere che una tale libertà di contrattazione sia limitata alla fissazione del canone relativo al primo anno di durata del rapporto, impedendo di pattuirne la variazione, ed in particolare l’aumento, per gli anni successivi.
Si deve pertanto ritenere la validità della clausola, con conseguente reiezione della domanda riconvenzionale avanzata.
Per quel che attiene alla domanda principale, la convenuta non ha in alcun modo contestato il mancato pagamento dei canoni indicati nell’atto di citazione, né ha provato di aver corrisposto gli ulteriori canoni nelle more del giudizio maturati.
Va quindi accolta la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, con conseguente condanna della società intimata al rilascio dell’immobile e al pagamento dei canoni non versati ammontanti, al marzo 2011 compreso, a Euro 18.203,30, oltre ai canoni di locazione nelle more maturati.
Quanto alla data del rilascio, la intimata chiede che le venga concesso il termine massimo, in considerazione della perdita della indennità di avviamento e della necessità di dover licenziare la collaboratrice.
Come noto, ai fini della individuazione del rilascio, ai sensi dell’art. 56 della legge l. 392/78 il giudice deve ponderare le diverse esigenze delle parti.
Nel caso di specie abbiamo da un iato una attività commerciale che dovrà, necessariamente, cambiare la propria sede, dall’altra abbiamo un locatore, persona fisica, la quale non percepisce canone da circa 9 mesi e che, con ogni probabilità, confida nei detti introiti per il proprio mantenimento, pur non avendo dedotto alcunché sul punto.
In considerazione della persistente morosità, ritiene il giudicante di fissare al 30 giugno 2011 la data di rilascio.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Trento, in persona del giudice dott.ssa Simona Caterbi, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa,
respinge la domanda riconvenzionale di parte convenuta;
in accoglimento della domanda avanzata da Ri.De., accerta e dichiara la risoluzione del contratto di data 10.10.2004 avente ad oggetto i locali commerciali siti in Trento, via (…);
condanna la società convenuta Ca. S.r.l. al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di Euro 18.203,30 per canoni scaduti al marzo 2011. oltre ai canoni scaduti e a quelli a scadere fino alla data del rilascio, oltre interessi legali mensilmente maturati;
fissa per il rilascio dal data del 30 giugno 2011.
Condanna la società convenuta, alla rifusione, in favore della attrice, delle spese del presente giudizio, spese che liquida, in complessive Euro 2.610,00 di cui Euro 1.000,00 per diritti, Euro 1.400,00 per onorari e Euro 210,00 per spese, oltre 12,50% spese generali, IVA e CNPA.
Riserva giorni 15 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Trento l’11 maggio 2011.
Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2011.