Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 6 ottobre 2005, n. 19457
Quanto può estendersi il sindacato dell'autorità giudiziaria nel valutare la legittimità delle delibere assembleari?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo Calfapietra – Presidente
Dott. Rosario De Julio – Consigliere
Dott. Olindo Schettino – Consigliere Relatore
Dott. Lucio Mazziotti Di Celso – Consigliere
Dott. Vincenzo Correnti – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Fe. Do., elettivamente domiciliata in Ro. Via Va. Pu. 22/15, presso lo studio dell’Avvocato Me. Co., difesa dall’Avvocato Eu. An. Co., giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
Condominio (OMISSIS) in persona dell’Amministratore pro tempore En. Ga., elettivamente domiciliato in Ro. Via St. di Sa. Pi. 45, presso lo studio dell’Avvocato Ma. Pa., che lo difende unitamente all’Avvocato An. Ma., giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1725/01 della Corte d’Appello di Milano, depositata il 26/06/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/06/05 dal Consigliere Relatore Dott. Olindo Schettino;
udito l’Avvocato Ma. Pi., difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ignazio Patrone che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dei 25.12.1999 il Tribunale di Milano rigettava l’impugnazione proposta da Fe. Do. avverso le delibere assunte il 27.10.1997 dall’assemblea del condominio di Corso Lo. 100 di Mi., nonché avverso la riunione medesima, a motivo che non era ravvisabile alcun profilo di nullità dell’assemblea, in quanto regolarmente convocata e tenutasi nella sede indicata nell’avviso, e perché, inoltre, la stessa aveva deliberato con le prescritte maggioranze.
Quanto, poi, ai motivi delle singole doglianze, il Tribunale li riteneva tutti infondati.
Proposto appello da Fe. Do., e costituitosi il condominio di Corso Lo. 100 di Mi. per resistervi, la Corte di Appello di Milano, con sentenza del 26 giugno 2001, lo ha rigettato, confermando la sentenza impugnata e condannando l’appellante alle spese del grado, con la motivazione che qui di seguito si riassume.
La Corte distrettuale ha premesso e precisato che i motivi dell’impugnazione proposta dall’appellante hanno investito i seguenti punti:
a) illegittime imputazioni, da parte, dell’amministrazione condominiale, delle spese legali, di manutenzione, per il cancello carraio e per la TOSAP;
b) addebiti di conto corrente, malamente utilizzato dall’amministratore;
c) spese per interventi straordinari eseguiti senza discussione sull’argomento, senza autorizzazione assembleare, senza disamina dei preventivi e capitolati e senza possibilità di controllo di pezze giustificative, ed interessanti, inoltre, lavori non pertinenti al condominio.
Rilevato, quindi, che il Tribunale ha puntualmente risposto alle doglianze riproposte con l’atto di appello e relative a spese legali, manutenzione del cancello automatico e sbarra, spese per manutenzione straordinaria e TOSAP, la Corte ha evidenziato che l’impugnazione non contiene, per quanto riguarda tali punti, alcuna confutazione dell’iter logico motivazionale che ha portato quel Giudice a disattendere la domanda riguardante le predette questioni, le quali del resto risultano “smentite per tabulas dal dettaglio del rendiconto” (così, testualmente, in sentenza), cosicché in relazione alle stesse le ragioni di gravame sono inammissibili, prima ancora che infondate.
Quanto, poi, agli addebiti, alle “partite” di conto corrente ed ai movimenti di danaro effettuati sullo stesso ed alla doglianza, peraltro estremamente generica, dell’appellante di non essere stata posta in grado di verificare e controllare, attraverso l’esame della documentazione, la legittimità delle spese e la gestione dell’amministratore, la Corte ha osservato che alla stessa non è stato mai impedito di esercitare tale controllo né è stato leso il suo diritto, in quanto condomina, all’informazione; altri essendo, comunque, i mezzi di tutela apprestati dalla legge al condomino che intenda denunciare, in genere, come sembra abbia inteso fare l’appellante, la mala gestio dell’amministratore (ved. art. 1129 c.c.) o un “eccesso di potere” dell’assemblea, che, comunque, nella fattispecie non si riscontra.
In definitiva, non ha trovato riscontro nelle risultanze processuali ed è, pertanto, infondata, secondo la Corte, l’accusa di difetto di trasparenza della gestione e di omissioni dell’amministratore, convalidate dall’assemblea dei condomini, che l’appellante ha formulato con il proposto gravame.
Ricorre per la cassazione della sentenza Fe. Do., in forza di quattro motivi.
Resiste con controricorso il condominio di Corso Lo. 100, in Mi., in persona dell’Amministratore pro tempore Geom. En. Ga..
La ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Denuncia la ricorrente:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e vizi di motivazione, sotto tutti i profili di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione alla statuizione sull’inammissibilità dell’appello.
Il motivo è infondato.
La Corte di Appello ha evidenziato, invero, che, in relazione ad alcune delle questioni dedotte dall’attrice con la impugnazione della delibera dell’assemblea condominiale del 27.10.1997, le doglianze con cui la stessa aveva poi investito le relative statuizioni del Tribunale erano tutt’altro che specifiche; nel senso che con esse non erano state specificamente contestate le rationes decidendi poste dal primo Giudice a base della pronuncia di rigetto della domanda con cui Fe. Do. aveva chiesto l’annullamento della delibera (o delle delibere) dell’assemblea condominiale del 27.10.1999.
E’ pervenuta, quindi, la Corte alla conclusione che “le ragioni di gravame alla sentenza si presentano inammissibili prima ancora che infondate”.
La ricorrente critica, con il motivo in esame, tale conclusione, ma non indica i profili di nullità, ex art. 1137 c.c., della delibera de qua, concernenti le predette questioni, che, riproposti all’esame della Corte, avrebbero dovuto indurre questa ad assumere una diversa decisione, e, dunque, ad annullare la delibera medesima, come da lei preteso.
Non sussistono, pertanto, la violazione di legge ed i vizi di motivazione denunciati con il primo motivo.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1135, 1136 ultimo comma e 1137 c.c. e vizi di motivazione, sotto tutti i profili di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., “in relazione alla statuizione sul difetto di trasparenza della gestione del rendiconto approvato”, a causa della impossibilità di verificare “i giustificativi di spesa” e dei prospetti contabili o bancari per il rifiuto opposto dall’amministratore, nonché della incompletezza del verbale assembleare, che non riporta le puntuali contestazioni mosse, in quella sede, dalla ricorrente sulle varie questioni e prima dell’approvazione, avvenuta senza discussione, del rendiconto e delle varie spese da parte della maggioranza dei condomini (spese straordinarie terrazzi, messa a terra, adeguamento L. 46/90 sbarre cancello elettrico, tinteggiatura ecc. già esposte nella precedente gestione).
Tutto ciò comporta, secondo la ricorrente, la nullità della delibera assembleare “che ha calpestato il diritto del condomino a poter conoscere, esaminare, ricostruire la gestione della cosa comune nei suoi riflessi economici”.
La censura è inammissibile.
Secondo principi enunciati da questa Suprema Corte, sulle delibere dell’assemblea di condominio il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità, che si estende anche al profilo dell’eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo d’essere, in quanto, pure in tale caso, il Giudice non controlla l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, ma stabilisce solo se questa sia o meno il risultato del legittimo esercizio dei poteri discrezionali dell’assemblea. E ciò comporta che egli abbia la possibilità, ed anzi la necessità, di effettuare l’accertamento della situazione di fatto che è alla base della determinazione assembleare, allorquando tale accertamento costituisca il presupposto indefettibile per controllare la rispondenza della delibera alla legge (sent. n. 5889/01, n. 1165/99, 3938/94, n. 731/88, n. 5905/87).
Nel caso che ne occupa, risulta che il Giudice di Appello ha preso in esame tutte le situazioni prospettate dall’appellante, dalle quali emergerebbe, a dire di questa, la prova della fondatezza della denuncia di “mancanza di trasparenza della gestione del rendiconto approvato”, da lei formulata, e, quindi, di nullità della delibera di approvazione di siffatto rendiconto, e, senza entrare nel merito delle decisioni adottate dall’assemblea, ha escluso che le dedotte situazioni di fatto integrino altrettante cause di annullamento della delibera medesima; non mancando di osservare e di spiegare che, ove l’appellante avesse inteso denunciare un eccesso di potere dell’assemblea, nessun indizio si ricava in tal senso dal verbale assembleare.
La ricorrente prospetta ora, ed ancora una volta, a sostegno del suo assunto, le stesse situazioni di fatto che, a suo dire, inficierebbero verbale e delibera assembleare, sollecitandone, in buona sostanza, un riesame e una nuova valutazione, che non possono essere evidentemente compiuti in questa sede; e ciò rende, come si è detto, la censura di cui al secondo motivo inammissibile.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1135 c.c. e vizi di motivazione, sotto tutti i profili di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., “in relazione alla statuizione sulla ricorrenza del diritto alla verifica della documentazione ed alla trasparenza della gestione, che la Corte ha asserito sussistere solo in relazione al rendiconto annuale”.
Anche tale censura è inammissibile, in quanto volta a contestare un’affermazione della Corte, e non la ratio decidendi o una delle rationes decidendi poste a base della statuizione qui impugnata.
4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1135 e 1137 c.c. e vizi di motivazione, sotto tutti profili di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione alle statuizioni sul mancato addebito delle spese legali, delle spese per TOSAP e delle spese per il cancello posto al di fuori del condominio.
La censura non ha pregio.
La Corte ha rilevato che, con riguardo a tali questioni, il Tribunale aveva fornito puntuale risposta e che l’appellante non aveva mosso specifiche contestazioni al riguardo, non mancando di aggiungere che “le ridette questioni erano del resto smentite per tabulas dai dettagli dei rendiconti in atti”; e la critica contenuta nel motivo in esame, avuto riguardo alla domanda proposta dall’attrice ed al thema decidendum della presente causa, mentre, da un lato, non è idonea ad inficiare le risposte date sulle predette questioni dal Giudice di merito, tende, dall’altro, a riproporre le stesse questioni sotto profili il cui esame non è consentito nel giudizio di legittimità.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in € 2.100,00, di cui € 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.